Teheran (Iran) – Non si smentisce la linea dura del regime iraniano contro la libera espressione tanto più quando prende corpo in rete, dove è più difficile contenere la pubblica opinione dall’esprimersi. E accade così che in Iran un giovane di 28 anni possa essere condannato per direttissima a 14 anni di carcere per essersi espresso con troppa libertà in rete.
Arash Sigarchi, che scriveva i propri pensieri su un sito non più raggiungibile www.sigarchi.com/blog/, aveva criticato la scelta delle autorità di arrestare altri blogger. Lo scorso dicembre, come si ricorderà, Teheran aveva provveduto all’ arresto di cinque persone , tutti colpevoli di aver parlato troppo.
La pesantissima pena inflitta a Sigarchi trova la sua giustificazione nelle ragioni ufficiali citate nella sentenza, che comprendono cospirazione contro la sicurezza nazionale, spionaggio e vilipendio dei leader iraniani. Ad aggravare la sua posizione anche il fatto che l’anno scorso era stato arrestato dopo aver pubblicato online le foto di una manifestazione di protesta inscenata dai familiari di vittime del regime, persone che nel 1989 erano state giustiziate da Teheran.
Ma se è ovvio che organizzazioni come Reporters sans frontieres stiano ora cercando di sollevare rumore attorno a questo caso, con l’aiuto peraltro di numerosi blogger che fanno circolare un banner pro-Sigarchi (qui a lato), appare invece in tutta la sua evidenza la scelta del regime di Teheran di estendere alla rete il pugno di ferro con cui da sempre tratta la stampa e più in generale i mezzi di comunicazione. La condanna di Sigarchi rappresenta anche un deterrente contro altri blogger che volessero utilizzare i propri spazi web per rendere pubbliche le proprie opinioni su certi temi politici.
Una realtà, questa, che fa a pugni con il ruolo centrale che proprio l’Iran, come peraltro anche la Cina, giocheranno in Tunisia, un altro paese che censura la rete e che ospiterà come noto il secondo round del WSIS, il Summit sulla Società dell’informazione voluto dall’ONU.
A fare il punto sulla protesta è tra l’altro il blog Committee to Protect Bloggers che espone anche il banner pro-Sigarchi.