Roma – Sono già in vigore a tutti gli effetti le disposizioni contenute nel decreto legge 35/2005 contro la contraffazione e la pirateria, norme che come spesso accaduto in questo settore negli ultimi anni contengono alcuni clamorosi punti oscuri , che si risolvono in una ulteriore incertezza del diritto, ergo in pericoli per utenti e gestori di servizi Internet.
Lo spirito con cui è stato prodotto il decreto legge è quello che da tempo anima le istituzioni italiane, ossia la protezione della proprietà intellettuale delle industrie contro la copia o la contraffazione, integrata in provvedimenti che si occupano anche di moltissime altre cose. I contenuti del decreto, almeno in alcuni passaggi, creano molti più problemi di quanti il Governo probabilmente aveva inteso risolvere nel varare il decreto.
All’articolo 1, comma 7, si legge:
“Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000 euro l’acquisto o l’accettazione, senza averne prima accertata la legittima provenienza, a qualsiasi titolo di cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale. La sanzione di cui al presente comma si applica anche a coloro che si adoperano per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza”.
Due i problemi che saltano agli occhi. Il primo è legato alla responsabilità diretta dell’utente-consumatore , che però non sempre in rete è nella condizione ideale per valutare la possibilità che un bene che intende acquistare sia frutto di contraffazione: una normativa, dunque, che potrebbe influire sulla disposizione degli italiani all’e-commerce.
Ma forse ancora più grave è il secondo problema, quello che tira in ballo “coloro che si adoperano per fare acquistare o ricevere”, una locuzione che coinvolge direttamente i siti d’aste online e più in generale le piattaforme di e-commerce che svolgono un servizio a favore di chi vende e chi compra senza interessarsi direttamente dell’origine dei beni scambiati.
Che la situazione sia delicata lo ha segnalato in queste ore anche la Federazione contro la pirateria musicale (FPM) , un’organizzazione da lungo tempo impegnata contro l’industria del falso, secondo cui “le norme del decreto potranno colpire anche i siti che favoriscono aste o vendite di beni usati senza aver prima accertato che si tratti di contraffazioni, siano essi cd, dvd o altri prodotti che sono offerti in rete senza controllo”.