Roma – C’è chi parla di fine del commercio elettronico, chi di clamorosa svista, chi di rotta da correggere ma c’è anche chi teme che, come già accaduto, le correzioni arrivino tardi, o non siano fatte, siano travolte dalle urgenze. La questione è quella delicatissima del decreto legge del 14 marzo, un provvedimento che sembra a tutti gli effetti rendere fuorilegge le aste online oltre a caricare gli utenti di un enorme fardello e nuove responsabilità. Su tutto, l’urgenza di un decreto legge e il peso di sanzioni economiche, che sembrano davvero cozzare con le speranze del commercio elettronico oltreché evidentemente con i diritti digitali.
Dopo la denuncia di FPM , in molti iniziano a prendere le distanze dal decreto, una normativa che rischia di essere approvata così com’è in via definitiva, vista la natura e l’urgenza del provvedimento in cui è inserita,cioè un decreto anti-contraffazione. Altre pesantissime normative, come la notissima Legge Urbani, furono approvate nei tempi ristretti dell’iter di un decreto legge, con tutti i guasti di un’approvazione frettolosa .
A Punto Informatico, eBay Italia , la maggiore casa d’aste online, ha espresso preoccupazione per il comma 7 del primo articolo del decreto che, come noto, punisce con multe chi compra senza accertarsi della legittima provenienza di un bene ma anche chi “favorisce” questa forma di commercio.
“Tutto ciò – ha spiegato a PI Marco Pancini, legal manager di eBay Italia – è in contrasto con lo spirito della legge comunitaria che disciplina il commercio elettronico e i servizi internet. Infatti, chi fornisce un servizio online non può essere considerato responsabile per il contenuto fornito da terzi e sul quale non ha alcun controllo. Al contrario, è necessario rimanere a disposizione delle Autorità competenti per rimuovere i contenuti illeciti e combattere in questo modo la pirateria online”.
La normativa è ancora più sorprendente se si considera che eBay, come altre società del settore, mette in campo una serie di strumenti pensati per ridurre il più possibile l’impatto della contraffazione . “Il nostro programma VeRO – continua Pancini – è stato creato proprio per affrontare situazioni di questo genere”, un programma che consente ai “titolari di diritti di identificare e richiedere la rimozione di inserzioni potenzialmente pericolose”. A fronte degli alti numeri di un sito d’aste, ovvero una piattaforma che “memorizza informazioni fornite da un destinatario del servizio”, come tiene a sottolineare eBay, è pacifico che ci possa essere qualcosa che sfugga al controllo degli utenti del sito, oltreché del sito stesso. Da qui ad attribuire le responsabilità ai siti, però, il salto è grande e la questione sempre quella: la posizione giuridica di chi offre uno spazio rispetto a chi di quello spazio abusa.
Secondo Andrea Lisi, legale di Scint.it esperto delle cose della rete, il nuovo decreto si può definire “ammazza internet” e tende a criminalizzare il commercio elettronico . “Secondo tale disposizione – spiega Lisi – non possono stare tranquilli neanche tutti gli acquirenti di “aste on line”. “E’ la fine di Internet e del Commercio Elettronico?” – chiede provocatoriamente Lisi.
Critiche stanno piovendo in queste ore sul decreto anche dall’opposizione. In una nota congiunta del senatore dei Verdi Fiorello Cortiana e del candidato verde nel Lazio Maurizio Zammataro si parla di una “pietra” tombale posta sul commercio elettronico italiano “visto che, ad esempio, eBay sarebbe responsabile se qualcuno vende tali prodotti, e si rimette mano alla legislazione sul filesharing sulla quale una commissione interministeriale ha lavorato per un anno e che il Parlamento ha ratificato pochi giorni fa. Siamo di fronte ad un Governo schizoide”. Secondo i due Verdi “non e? possibile che chi legifera non tenga da conto delle conseguenze sulla rete delle proprie azioni. Siamo fermamente contrari a questo ulteriore proibizionismo, che nella formulazione odierna del testo capovolge il principio di innocenza. Ormai abrogare la legge Urbani non basta piu?, visto che ad ogni ora, con decretazioni che di urgente non hanno nulla, si mette a soqquadro la rete senza il minimo discernimento. L?opposizione dei Verdi sara? durissima: siamo d?accordo con la tutela dei marchi, ma questa non puo? essere un alibi per una criminalizzazione di massa degli utenti della rete. Non ci interessa sapere se sia ignoranza o malafede: questo Governo, dopo averci portato al 44simo posto nella classifica WEF sull?innovazione, dimostra ogni giorno di piu? quanti danni faccia per le liberta? e lo sviluppo della Società dell?Informazione”.
Punto Informatico ha chiesto anche un parere sulla questione al dipartimento all’Innovazione che, non appena giungerà, avremo cura di pubblicare su queste pagine.