Roma – Qualche giorno fa la Procura di Roma ha chiesto – e non è la prima volta che accade – il sequestro del sito italiano di Indymedia. Quali le ragioni di una simile iniziativa? La presenza sul web antagonista di un fotomontaggio di Papa Benedetto XVI in abiti nazisti. I reati ipotizzati sono vilipendio della religione cattolica e vilipendio del figura del Papa.
Abbiamo davvero bisogno di iniziative simili? Voglio dire: senza permettermi di far vacillare alcun sacro principio, esiste davvero la necessità per lo Stato italiano di avviare una rogatoria in Brasile (il che significa risorse pubbliche, soldi, tempo, inchiostro, bolli e quant’altro) per chiedere la chiusura di un sito web nel quale si compie un reato come questo?
Dite che vale il principio? Bene, allora perchè non estendere a tappeto la ricerca di altro materiale analogo liberamente accessibile in rete perseguendolo in ugual maniera? Chiunque, anche il magistrato meno avvezzo alle cose di internet, in pochi minuti di navigazione dentro la directory immagini di Google (il primo posto che mi viene in mente), potrà trovare materiale per decine di inchieste simili. Altri bolli, altro tempo, altre rogatorie in capo al mondo per chiudere altri siti web. Che dite, vi sembra una buona idea?
No, certamente non lo è. Sono le premesse in queste iniziative ad essere coscienziosamente errate. Non possiamo invocare i principi automatici della azione penale solo quando pare a noi. Eleggere Indymedia a bersaglio solito delle nostre iniziative censorie, giuste o sbagliate che esse siano, serve unicamente a dare una imbarazzante connotazione politica alle inchieste. Specie se la violazione a cui si fa riferimento è quella risibile e già definita incostituzionale dalla Consulta, dell’articolo 402 del codice penale. Che paese è un paese che si dice laico nel quale esista ancora il reato di “vilipendio della religione cattolica” mentre non si contempla analoga attenzione per il vilipendio delle altre confessioni? Spediamo rogatorie in Brasile per reati del genere? Suvvia.
Ma non è solo questo. Lo abbiamo scritto molte volte: il sito web di Indymedia è spesso il ricettacolo di brutture e punti di vista estremi ed impresentabili. La soluzione al problema è molto semplice: ignorarne l’esistenza. Eppure ogni qualvolta accadono episodi del genere a noi sembra buona cosa dichiarare la nostra partecipazione (per quello che vale) nei confronti di simili minoranze urlanti. Ne va di una delle idee fondanti della rete Internet, quella dell’educarci alla tolleranza del pensiero altrui, anche quando esso venga espresso con toni e modalità discutibili.
Abbiamo tutti un gran bisogno di rispettare le opinioni altrui: perfino i legislatori in questo santo paese sembravano essersene accorti. Però tocca constatare che in Italia non solo oggi non è possibile dare del nazista al nuovo Papa (cosa che, come è noto, almeno parzialmente e tecnicamente per un breve periodo della sua adolescenza pare essere stata vera, anche se trattasi di notizia dalla straordinaria inconsistenza) ma esistono legioni di movimenti, associazioni, personaggi pubblici e semplici cittadini che sono allergici ad ogni forma di critica che vada un po’ ( o anche parecchio) sopra le righe.
Le procure della repubblica poi, non sono sempre e solo vittime di questa mania querulomane; spiace notare come a volte si attivino, autonomamente e con veemenza, quando la materia sembra candidata (come nel caso di Indymedia) a finire sui giornali. A costo di aggrapparsi a violazioni di vecchi e improbabili residui del Codice Rocco.
Se la querela è la misura del nostro tempo (io che seguo un po’ la materia per diletto personale vi assicuro che su internet c’è gente che viene trascinata davanti ad un giudice per stupidaggini e piccolezze indicibili) allora oggi la rete è il laboratorio di questa nuova contrapposizione fra pensatori di differente orientamento amanti della contesa legale. Se fino a ieri “l’occhio non vede cuore non duole” del vecchio mondo rendeva improbabile che a pochi minuti dalla elezione papale esistesse uno strumento come Wikipedia nel quale poter leggere che Papa Benedetto XVI° era stato in gioventù un “poco entusiasta membro della gioventù hitleriana” oggi questa vicinanza fisica fra noi e le idee che non ci piacciono deve ancora interamente essere metabolizzata.
Da qualche anno esistono strumenti che ci consentono di monitorare in tempo reale la nostra “esposizione pubblica” su siti web, gruppi di discussione ed altri ambiti di comunicazione. Alla luce di questo si tratta di ripensare la nostra personale sensibilità non solo nei confronti di quanti esprimono pareri differenti dai nostri ma perfino nei confronti di una buona quota di espressioni che nel vecchio mondo ci sarebbero parse francamente offensive. L’ alternativa è – banalmente – la fine di un esperimento straordinario di archiviazioni dei contenuti che chiamiamo Internet. Se non sapremo pesare il rapporto costi-benefici fra la nostra compromissione e gli altrui punti di vista, ciò che alla fine perderemo sarà infinitamente più importante di quanto il nostro orgoglio avrà faticosamente guadagnato, magari dopo cinque gradi di giudizio di fronte alla scrivania di un giudice annoiato.