UK: vietato l'e-commerce del porno

UK: vietato l'e-commerce del porno

Trema l'industria pornografica inglese: vendere video in Rete è illegale. La Corte Suprema ha così condannato due negozianti che operavano sul web, accusati di aver venduto video hard a minorenni
Trema l'industria pornografica inglese: vendere video in Rete è illegale. La Corte Suprema ha così condannato due negozianti che operavano sul web, accusati di aver venduto video hard a minorenni


Londra – L’estate è vicina ma per i britannici impegnati nel commercio di video porno sta per arrivare una bruttissima stagione. Che li costringerà -letteralmente – ad una ritirata strategica dentro i propri negozi. Specialmente se appartengono a quella maggioranza che utilizza Internet per raggiungere il mercato globale.

Una sentenza emessa dal Lord Justice Maurice Kay ha stabilito che la vendita di film hard tramite canali indiretti è illegale . Il giudizio della Corte Suprema si abbatte così sulla grande Londra dei sexy-shop, centro nevralgico di una industria nazionale che genera quasi un miliardo e mezzo di euro all’anno. Una batosta per le migliaia di addetti ai lavori in tutto il Regno Unito: niente più vendita per contrassegno e soprattutto niente più vendita online .

Tutto ebbe inizio a Liverpool, quando nel 2004 un pool di magistrati accusò due titolari di sexy-shop di avere venduto DVD pornografici a minorenni. I due, nonostante possedessero tutte le autorizzazioni necessarie per la vendita al pubblico, utilizzavano anche Internet per vendere pellicole porno di ogni genere. “La vendita e la promozione di film per adulti può avvenire soltanto all’interno dei negozi autorizzati, unici luoghi dove il contatto diretto tra rivenditore e cliente permette di eseguire controlli sull’età degli acquirenti”, ha tuonato il giudice Kay respingendo il ricorso presentato alla Corte Suprema da parte dei due. Secondo gli osservatori, è conseguente che il divieto valga anche sull’acquisto di contenuti digitali , gettando nello scompiglio i tantissimi produttori pornografici che hanno spesso monetizzato con successo la propria professionalità grazie ad Internet.

La sentenza della più importante autorità giurisdizionale inglese affonda le attese dei rivenditori, costretti a pagare multe che oscillano attorno ai 4000 euro . I legali dei due commercianti hanno tentato inutilmente di salvare i propri clienti, facendo leva sull’articolo 10 della Carta Europea per i Diritti Umani che tutela la libertà d’espressione . La bocciatura dei giudici londinesi è stata immediata: “Non c’è stata alcuna violazione della libertà d’espressione”.

La sentenza sembra rispettare esattamente quanto previsto da una legge, datata 1984, che regolamenta le dinamiche di vendita dei film per adulti. Infatti le pellicole hard sono di libera vendita solamente quando è possibile verificare l’età di chi le acquista. Va da sè che il problema messo in luce dal giudice Maurce Kay è ben più grande di quanto possa sembrare: secondo le autorità britanniche, la Rete non è il luogo dove effettuare controlli sull’identità degli utenti. Per quanto sia facile, se non scontato, che un minorenne possa entrare senza troppi problemi nei negozi a luci rosse, la faccenda diventa ancora più semplice se l’unico tipo di ostacolo è la schermata del monitor: basta un numero di carta di credito preso in prestito da qualcuno ed il nostro focoso adolescente si ritrova nel paradiso virtuale dell’erotismo usa e getta.

L’episodio inglese è indubbiamente un primato per l’intera Unione Europea e rischia di avere gravi ripercussioni sull’economia britannica, senza tutelare realmente i minori. Infatti per comprare un DVD senza troppi grattacapi basterà fornirsi tramite siti stranieri, magari dall’altra parte del mondo. Ed è proprio grazie alla diffusione di Internet che l’industria del porno non ha più confini.

Un vero universo parallelo che coinvolge migliaia -se non milioni- di persone, fornendo posti di lavoro a creativi, esperti di marketing e naturalmente ad attori professionisti. Anche l’Italia, nonostante la recessione economica, negli ultimi anni ha registrato incrementi inauditi nel pornobusiness : una crescita del 25% in più rispetto al 2000, pari ad un volume d’affari di 250 milioni di euro annui.

Il “consumo” globale di materiale pornografico ha assunto proporzioni pandemiche da quando Internet è finalmente diventata di massa. Una realtà che allarma gli enti morali di tutto il mondo. In Italia la Chiesa Cattolica ha recentemente inquadrato con precisione la nuova strategia adottata dai magnati dell’industria a luci rosse, lanciando un appello a tutte le famiglie. Come ha ricordato l’ufficio alle comunicazioni sociali del Vaticano , l’industria del porno mira a fornire “un servizio che non lascia mai soli”, intrufolandosi sui cellulari , sulle piccole TV private e sopratutto colonizzando Internet a colpi di spam.

Tommaso Lombardi

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Pubblicato il
25 mag 2005
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