Roma – Il modo più veloce ed economico per far nascere una selva di applicazioni su una nuova piattaforma hardware? Aprirne le porte all’open source. È quanto pensano IBM , Toshiba e Sony , genitori di quel processore, noto come Cell , alla base della PlayStation 3 .
Il trio di grandi imprese dell’ICT ha infatti rivelato di voler rilasciare le specifiche integrali dell’architettura Cell e un insieme di librerie software open source necessarie allo sviluppo di applicazioni compatibili con il nuovo chip.
Ma non è tutto. Un portavoce di Toshiba ha spiegato che entro la fine dell’anno gli sviluppatori potranno disporre di progetti di riferimento e tool di sviluppo da utilizzare liberamente per la creazione di una vasta gamma di applicazioni, anche open source.
Big Blue aveva già intrapreso una strada analoga con l’architettura alla base dei suoi processori PowerPC : anche in questo caso, infatti, il colosso ha rilasciato specifiche tecniche dettagliate, strumenti per lo sviluppo e progetti di riferimento.
“Libereremo i produttori di elettronica dalle limitazioni che affliggono le architetture proprietarie”, promise all’epoca Nick Donofrio, senior vice president of technology and manufacturing di IBM.
Le tre partner stanno attualmente finendo di revisionare la specifica dell’architettura Cell e contano di renderla pubblicamente disponibile nei prossimi giorni. Questa includerà, fra le altre cose, la descrizione dettagliata delle oltre 200 nuove istruzioni utilizzate dai core specializzati di Cell. Le librerie open source dovrebbero invece vedere la luce all’inizio dell’autunno.
Al momento non è ancora chiaro se la PlayStation 3 potrà far girare anche software “fatto in casa”: questa possibilità la renderebbe una piattaforma fertilissima per l’open source, soprattutto nell’ipotesi che Sony rilasciasse un toolkit di sviluppo aperto. In ogni caso, a partire dal prossimo anno, Cell diverrà il cuore di molti altri dispositivi , sia consumer che enterprise, quali ad esempio set-top box, network appliance, apparecchiature mediche, workstation, server e persino supercomputer: in quanto a sviluppo di applicazioni, la comunità open source non avrà che da sbizzarrirsi.