Roma – Molte sono le domande che sui forum e anche in redazione sono giunte in merito all’operazione della Polizia Postale di Pescara che, come noto, ha portato alla chiusura di “Cucciolandia”, comunità online di utenti Fastweb attiva da diverso tempo. Domande legate a certi dettagli dell’operazione alle quali Punto Informatico, con l’aiuto di alcune fonti ben informate sui fatti, tenterà di fornire una prima risposta.
Le prime considerazioni di alcuni riguardano Ikon Corp. , il cui software è stato utilizzato ai fini dell’indagine: si tratta di una società ben conosciuta, un’azienda che da tempo opera nel settore e che fornisce servizi avanzati anche alla Forze dell’Ordine, tanto che già in passato i suoi prodotti e servizi si sono rivelati un grande contributo a certe delicate indagini. Semmai qualcuno potrebbe obiettare sulla necessità di ricorrere ai suoi servizi, di certo costosi per l’Erario e quindi per i cittadini, in occasione di un’inchiesta che riguarda lo scambio senza fini di lucro di materiale protetto.
Difficile peraltro credere che i software Ikon abbiano davvero permesso di stimare i danni alla SIAE e agli autori (si è parlato come si ricorderà di 35mila euro l’ora). E’ evidente, dicono le fonti a PI, che è invece stata fatta una stima sul totale potenziale dei brani presenti sui server, ossia sui computer gestiti dagli owner della community di Cucciolanda finiti sotto inchiesta. Per capire, spiega una fonte a PI, “se ognuno dei 100.000 utenti appartenenti alla comunità detiene sui propri hard disk 10 brani musicali il calcolo è avvenuto sui diritti evasi di 1.000.000 di brani” ma è una stima fittizia in quanto “non sono stati sequestrati gli hard disk dei singoli utenti ma semplicemente i computer degli amministratori sui quali al massimo erano presenti i file condivisi dagli stessi e un software OpenNap da 5 k che permetteva a Cucciolandia di funzionare”.
Altra questione aperta è quella relativa all’identificazione dei 55 utenti finiti sotto inchiesta. “I dati a Fastweb li potevano chiedere tranquillamente – spiega una fonte a PI – basta indicare precisamente l’ora e la data della connessione: anche se si tratta di una classe IP dedicata Fastweb sa indicare l’IP originario da cui avviene la connessione”.
Molti si sono allarmati ieri, inoltre, perché è stato contestato il reato di “associazione a delinquere”. E’ bene specificare che questa è fin qui solo l’ipotesi della polizia giudiziaria. Adesso bisogna vedere quello che rubricherà la magistratura. Casi avvenuti nel recente passato dovrebbero contribuire a rasserenare gli animi. Fin qui, infatti, emerge che non vi era finalità di lucro, ritenuta in più occasioni dai magistrati essenziale per configurare la violazione del diritto d’autore. Pur rimanendo nel campo delle ipotesi, è dunque legittimo ritenere che l’autorità giudiziaria non contesterà il reato associativo perché – spiegano a PI alcuni esperti – “manca l’elemento soggettivo del reato, ovvero il vincolo associativo per il quale tutti si sarebbero prodigati consapevolmente per commettere insieme una serie di delitti”.
Le fonti concordano sul fatto che, non appena giungeranno i fascicoli alle Procure competenti con ogni probabilità i magistrati incaricati chiederanno l’archiviazione del procedimento, con conseguente dissequestro del materiale requisito. Non rimane che attendere gli sviluppi.