MSN accetta il bavaglio di Pechino

MSN accetta il bavaglio di Pechino

Come Google e Yahoo! anche Microsoft sceglie di accontentare i censori dell'oligarchia pechinese pur di competere con i rivali all'ombra della Grande Muraglia
Come Google e Yahoo! anche Microsoft sceglie di accontentare i censori dell'oligarchia pechinese pur di competere con i rivali all'ombra della Grande Muraglia


Shanghai (Cina) – Censura? Sì, grazie. Microsoft segue le mosse dei suoi rivali e accetta le dure regole della Repubblica Popolare Cinese e baratta la libertà sul proprio motore di ricerca, MSN Search , in cambio del semaforo verde da parte di Pechino. L’azienda produttrice di Windows è entrata nel mercato cinese dei motori di ricerca grazie ad una joint venture con l’azienda statale Shanghai Alliance Investment. Ma le imposizioni dell’atipico sistema economico cinese, a metà tra socialismo ed anarcocapitalismo, non sono gli unici prezzi da pagare per ottenere un posto nel cuore pulsante dell’Asia: bisogna fare i conti con il controllo statale dell’informazione. Un bene fondamentale per qualsiasi regime democratico, che in Cina si trasforma nel rischio più grande per un regime autoritario.

Così Microsoft ha dovuto eliminare i risultati ottenuti con parole chiave di ricerca come “democrazia”, “libertà per Taiwan” e “Falungong” ( il nome di un culto religioso messo al bando e perseguitato ). Gli uffici cinesi di Microsoft non hanno rilasciato alcun commento alla notizia: tra le parole censurate figurano espressioni come “diritti umani”, “manifestazione studentesca” ed “indipendenza taiwanese”. Esattamente come avvenuto per la versione mandarina di Google , anche il motore targato Microsoft ha così ottenuto una autorizzazione ufficiale da parte del Ministero dell’Informazione cinese. Le nuove leggi in materia di pubblicazioni telematiche obbligano tutti i siti a sottostare ad un rigido codice censorio che imbavaglia le molte grida che stanno innalzandosi dal web.

Immediata l’indignazione espressa da Reporters Sans Frontieres , l’organizzazione internazionale che si batte per la libertà di stampa: “Le aziende americane che operano in Cina devono fare qualcosa”, ribadiscono i portavoce, che invitano a “reagire di fronte alla censura imposta dal governo cinese”. RSF ha già accusato aziende come Yahoo e Google, da tempo presenti nel mercato cinese, di essere diventati strumenti del regime comunista .

T.L.

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Pubblicato il
14 giu 2005
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