Roma – Le ADSL 4 Megabit vanno male, malissimo. È raro che superino il megabit di velocità e in certi casi vanno peggio di un’ADSL 640. Lo dicono gli utenti, in una valanga di e-mail giunte in queste settimane a Punto Informatico. Lo ribadiscono nei forum, nei newsgroup; è nato a tal proposito il sito Comitato di Protesta , a ottobre, e adesso conta circa 200 utenti registrati (ognuno con il proprio caso documentato). Punto Informatico ha raccolto una decina di proteste circostanziate e le ha presentate agli operatori coinvolti, Tele2 , Tiscali e Wind . I quali, chi più chi meno, hanno riconosciuto che qualche problema c’è o c’è stato e hanno assicurato di stare lavorando per risolverlo. Tiscali e Tele2 cercano la collaborazione di Telecom Italia, a tal proposito; mentre Wind ci ha quasi rinunciato, ormai, e preferisce, da questa settimana, affidarsi a un sistema che equilibra la banda nei momenti di crisi. Così dice, in anteprima, a Punto Informatico.
“È andata così: il 6 ottobre ho attivato la mia ADSL Tiscali e subito mi sono messo le mani nei capelli”, spiega Alberto Fenu, fondatore di Comitato di Protesta. “La velocità di navigazione nelle ore diurne variava tra i 4 KB/s e gli 8 KB/s. Nelle ore notturne dopo le tre e fino alle 5-6 del mattino è di 180KB/s. Faccio una ricerca su Google e scopro che ci sono tantissimi utenti nella mia stessa situazione. Il 13 ottobre fondo il sito”. Il caso di Fenu, che adesso dice di navigare bene grazie all’intervento risolutore di Tiscali, è comune a tanti altri utenti.
La maggior parte di loro, tuttavia, si limita a protestare perché naviga come se avesse un’ADSL 1,2 Mbps. Comunque è banda larga, anche se non sono i 4 Megabit promessi dalla pubblicità. Ad altri utenti va peggio: in certi momenti della giornata, non riescono nemmeno a navigare o a scaricare la posta. Come nel caso di Sonia e Dino S., utenti di Tele2 che hanno scritto a Punto Informatico: “Con l’ADSL 640 di Tele2 andavo a 60 Kbyte al secondo. Bene. Poi siamo passati a 1,2 Mbps e andavo a 160 KB. Benissimo. A giugno 2005 sono stato portato a 4 Mbps e ho cominciato a navigare a 400-500 KB. Fantastico. Poi, da luglio, il disastro: download a 15-8 Kbps (bit, non byte)”.
Sono casi gravi, perché gettano un’ombra su che cosa sia davvero banda larga in Italia. Si può dire che si stia diffondendo , quando una certa quota di ADSL è veloce solo in teoria?
Tanto più che le offerte 4 Megabit sono adesso il nocciolo duro dell’ADSL italiana. Sono state sposate dai principali operatori italiani. Sono diventate in automatico “4 Megabit” (almeno in teoria), upgrade dopo upgrade, le ADSL che erano un tempo a 640 Kbps. I nostalgici saranno felici, il passato bussa a riscuotere il proprio tributo di lentezza: quei tempi in cui dominavano le ADSL 640, che a volte si rivelavano non più veloci di un modem 56K , sono tornati. Stavolta con una beffa in più: di chi ha comprato una 4 Megabit e si ritrova un’ADSL 1,2 Megabit (se non peggio).
Ironia della sorte, le lamentele riguardo alla velocità ADSL si erano placate, nell’ultimo anno, perché le offerte a 1,2 Mbps in effetti davano quanto promettevano o poco meno. Una volta sostituite delle ADSL 4 Megabit, sono cominciati i problemi.
In realtà, è un risultato che Punto Informatico aveva previsto . Le ADSL 4 Mbps vanno male perché sono basate su un’offerta all’ingrosso Telecom “che definire una schifezza è un complimento”, dice Luca Spada, amministratore delegato di NGI, con la sua solita schiettezza. “Non a caso, ho scelto di non offrirla, perché sapevo di non poter garantire qualità”. Una decisione sofferta, visto che in Italia le 4 Mbps adesso vanno di moda. Sono la promessa di velocità elevata, sufficiente per la Tv su IP, a costi popolari (meno di 30 euro al mese). “Abbiamo perso clienti per questa scelta”, conferma Spada.
Per seguire la moda, MC-link aveva invece scelto di offrire un’ADSL 4 Mbps, da ottobre, anche se a malincuore. Se n’è pentito: “Non ci soddisfa. Molto probabilmente la elimineremo. Abbiamo avuto problemi di velocità a Roma”, spiega Cesare Veneziani, l’amministratore delegato. “Il problema è che l’offerta all’ingrosso che dobbiamo usare per vendere l’ADSL 4 Mbps è chiavi in mano. Non ci permette di aumentare a piacimento la banda disponibile per singolo utente, come siamo invece abituati a fare per dare qualità ai clienti”. Il sistema, del tutto particolare, è spiegato in un precedente articolo . “C’è una totale impotenza da parte nostra- dice Veneziani. Anche se la rete è satura, non possiamo comprare banda a volontà da Telecom. Solo se il numero di utenti supera una certa soglia, possiamo chiedere un upgrade della banda, secondo però quote stabilite. Per esempio, nel nostro caso: all’inizio le ADSL andavano bene. Poi, superati i 30 utenti attivi su Roma, sono cominciati i problemi. Telecom ci obbligava a metterli su uno stesso VP dove c’erano 5 Mbps condivisi. Dopo avere superato i 40 utenti abbiamo potuto chiedere l’upgrade del VP ed arrivare così a 6 Mbps condivisi. Non uno di più, come prescrive l’offerta all’ingrosso Telecom. Ma non è bastato a dare banda sufficiente a ciascun utente”.
Si arriva così all’assurdo; cioè che, in molti casi, le ADSL 1,2 Mbps vanno meglio di quelle a 4 Mbps, perché sono in VP dove la banda è disponibile in quantità più equa.
Il problema, come è ovvio, è solo nelle zone in cui gli operatori sono costretti a offrire l’ADSL tramite listino di Telecom Italia wholesale (all’ingrosso). “Per fortuna, nel nostro caso il problema si risolverà da solo, perché stiamo portando gli utenti romani sulla nostra rete di unbundling, dove possiamo mettere quanta banda vogliamo”, aggiunge Veneziani.
Lo scenario, così come lo descrive MC-link, si riflette nelle parole di Antonio Converti, direttore marketing di Libero: “L’offerta all’ingrosso di Telecom per le 4 Mbps è fatta in modo che si arrivi persino a un oversubscription di 1 a 100”. Ossia, si arriva a una media di 100 utenti messi a condividere 4 megabit di banda. “Mentre le altre nostre offerte hanno un oversubscription di 1 a 20”. “Purtroppo”, spiega Converti commentando i casi segnalati a Wind da Punto Informatico, “la conseguenza è stata che certi utenti, in alcune ore del giorno, non riuscivano nemmeno a scaricare la posta o a navigare. Capitava alle 18 e alle 22, di solito”. “E questo”, come riconosce Converti, “non deve più accadere”. La soluzione? “Già tempo fa abbiamo chiesto a Telecom Italia di darci un’offerta all’ingrosso 4 Mbps che ci permettesse di decidere quanta banda acquistare. Abbiamo anche presentato un’interpellanza all’Authority TLC. Ma finora non ci sono stati risultati”. In sostanza si accusa Telecom di aver addirittura deciso che in Italia non fosse possibile avere ADSL 4 Mbps di qualità (se non nelle zone in unbundling). Telecom stessa vende al pubblico business un’ADSL 4 Mbps con soli 20 Kbps garantiti. Quella dell’ADSL 4 Mbps è una delle tante questioni aperte, nel conflitto tra operatori e Telecom Italia.
Nel frattempo, Wind ha trovato una possibile soluzione, che è un po’ un compromesso: “Da qualche giorno abbiamo attivato un engine che, in caso di traffico elevato, dà priorità a quello più prezioso per l’utenza residenziale: navigazione, posta, VoIP”. Il tutto, come ovvio, “a scapito del resto, per esempio del peer to peer. Però non credo che gli utenti possano protestare se, per un’ora al giorno, non riescono a scaricare gli MP3. Dopotutto, il regno del peer to peer è la notte, quando la banda è libera”. È un sistema che funziona in modo simile al Cisco Engine , di cui Punto Informatico ha già parlato . “Questo sistema di tuning della banda è già diffuso all’estero, dove infatti riescono a dare una buona qualità ADSL anche con oversubscription di 1 a 100”.
Secondo quanto riporta Wind, il nuovo engine sta dando buoni risultati, permettendo, anche nelle ore più critiche, agli utenti Libero di navigare, di scaricare la posta, di telefonare su IP. I beni di prima necessità sono insomma assicurati, nei momenti di carestia. La banda larga in Italia sembra preda di un clima di austerity. Le risorse sono poche, bisogna razionarle. È una situazione ben diversa da quanto mostrato dalle pubblicità futuriste dell’ADSL, dove si parla di “velocità senza compromessi”.
Quanto al peer to peer, Punto Informatico ha ricevuto svariate e-mail di utenti Libero ADSL che protestano dicendo di non potersi più collegare a server di file sharing o lamentano di andare a velocità risibili. Le proteste partono però da due settimane fa, quando Wind ancora non aveva attivo l’engine (dice Converti); quindi non dovrebbe esserci una relazione tra i due fatti. Forse il problema al peer to peer è solo una conseguenza della crisi generale della banda. “Invece, le ADSL 4 Mbps che offriamo sulla nostra rete di unbundling/shared access vanno bene, poiché abbiamo tutta la banda che ci serve”, precisa Converti.
In una situazione simile si trova Tiscali, che pure ha un network in unbundling (dove offre ADSL a partire da 6 Mbps), mentre in altre zone acquista all’ingrosso l’ADSL 4 Mbps. “Noi stiamo per proporre a Telecom un metodo che consenta agli operatori di migliorare le attuali condizioni”, spiega Andrea Podda, CTO Tiscali Italia.
Il problema delle 4 Mbps, insomma, è troppo grande perché un operatore possa risolverlo da solo. Serve l’intervento di Telecom, che si decida ad aprire il rubinetto della banda. “Il fatto”, aggiunge Podda, “è che la banda messa a disposizione da Telecom Italia a tutti gli operatori, per le ADSL 4 Mbps, è pari a quella che si garantiva quando l’offerta era con banda di picco a 1,2 Mbps. Ovviamente, alla modifica della velocità di picco la banda che l’operatore avrebbe dovuto garantire sarebbe dovuta essere superiore”. È cresciuta la banda di picco, ossia quella pubblicizzata, ma non la banda reale, che sta dietro a queste ADSL. La banda larga italiana ha fatto, in altre parole, un passo avanti illusorio, quando è passata a 4 Megabit. La promessa ha attirato nel recinto migliaia di utenti, che adesso si sentono ingannati. È un tema su cui molti chiedono l’intervento di associazioni dei consumatori e Authority TLC (già chiamata in causa dagli operatori).
Arrivano conferme anche da Tele2. “In relazione alla bassa velocità delle connessioni ADSL riscontrata dai clienti, confermiamo che il problema è stato causato dalla migrazione dei profili ADSL da 1,2 Mbits a 4 Mbits”, dice un portavoce dell’azienda. Famigerato upgrade. Tele2 è però ottimista: “Abbiamo provveduto ad aggiornare la capacità dei nostri sistemi per gestire i nuovi profili e abbiamo conferma della migliorata qualità del servizio in relazione alla velocità di connessione”. Con una riserva: “Non possiamo in ogni caso escludere casi residui di congestione locale, non dipendenti dalla rete Tele2, i quali stiamo comunque risolvendo in collaborazione con Telecom Italia”.
Intanto le connessioni Alice Mega sembrano rimanere al di fuori del polverone delle proteste. Nessun utente Alice ha scritto a Punto Informatico. Il Comitato di Protesta riguarda soltanto Wind, Tiscali, Tele2. Eppure le offerte Alice sono una buona fetta di quelle 4 Megabit attive in Italia. Poiché Telecom deve dare offerte al dettaglio che siano replicabili dai concorrenti, in teoria il network che sta dietro ad Alice Mega dovrebbe essere uguale a quello imposto agli altri operatori. L’enigma può essere spiegato in vari modi.
Si sa che a scegliere gli operatori alternativi sono gli utenti più sofisticati, in genere. Di conseguenza, forse gli utenti Alice sono meno esigenti, non avvertono la strozzatura della banda. Oppure conoscono meno bene Internet e quindi i canali dove fare sentire la propria protesta (i newsgroup, Punto Informatico); per questo motivo, i problemi di Alice Mega, forse, non hanno fatto rumore.
Un’altra spiegazione è che Telecom, avendo molti utenti, riesce meglio a calibrare l’uso della banda statisticamente disponibile e quindi Alice Mega va meglio delle analoghe ADSL di altri operatori. Infine, c’è la spiegazione polemica: “Noi abbiamo un sospetto, condiviso da altri provider”, dice Spada; “che le Alice Mega vadano bene perché Telecom dia loro più banda di quanto ci permetta di dare ai nostri utenti”. Impossibile accertarlo. Servirebbe un’istituzione super partes che analizzi la rete di Telecom Italia e scopra come viene davvero distribuita la banda, andando dietro le quinte del sistema.
Gli operatori si augurano che il Garante delle Telecomunicazioni possa un giorno decidere di analizzare più a fondo come funziona la rete di Telecom Italia; ancora però non ha calcolato nemmeno l’esatto valore delle infrastrutture e quanto costi aggiornarle e tenerle attive. Dati che servirebbero per valutare l’equità dei prezzi che Telecom chiede a chi fa unbundling. “La nostra tesi”, dice Stefano Quintarelli, presidente di AIIP (l’associazione dei principali provider italiani), “è che la rete di Telecom andrebbe scorporata, almeno come è stato fatto in Gran Bretagna con BT. Solo così sarà possibile accertare che tutti gli operatori siano messi allo stesso livello nell’accesso e nell’uso della rete”.
Alessandro Longo