La Internet delle Cose

La Internet delle Cose

Si chiama così il rapporto ONU che delinea il futuro tecnologico: saranno le macchine a connettersi ad internet, a intuire cosa serve all'individuo, a seguirlo nei suoi spostamenti. Il futuro previsto
Si chiama così il rapporto ONU che delinea il futuro tecnologico: saranno le macchine a connettersi ad internet, a intuire cosa serve all'individuo, a seguirlo nei suoi spostamenti. Il futuro previsto


Tunisi – Internet sarà sempre meno umana ma sempre più al servizio dell’uomo: questo in estrema sintesi il messaggio contenuto nel rapporto “Internet of Things” presentato ieri a Tunisi dall’agenzia ONU International Telecommunication Union , uno studio che delinea una profonda trasformazione del rapporto uomo-macchina .

Nella Internet delle Cose, infatti, la rete è il tessuto connettivo di dispositivi elettronici di ogni natura, dagli elettrodomestici alle automobili, che “circonda” l’uomo, almeno quello dei paesi ricchi, e che è così destinata a dar vita ad un numero enorme di nuovi servizi. Tutte opportunità, evidentemente, destinate anche ad avere un profondo impatto sul comportamento umano .

“Oggi – si legge nel Rapporto – ci dirigiamo verso una nuova era di ubiquità, dove gli utenti della rete si conteranno a miliardi e dove gli umani diverranno una minoranza, quella che genera e che riceve traffico”.

In sé la visione delineata da ITU è tutt’altro che nuova, scienziati come Nicholas Negroponte del MIT da anni preconizzano l’avvento delle macchine connesse via internet, e uno degli obiettivi del transito del protocollo IP alla versione IPv6 è anche quello di moltiplicare le possibilità di accesso alla rete da parte di qualsiasi genere di dispositivo. Il fatto che ora a dirlo sia ITU, naturalmente, caratterizza e formalizza questa visione dandole il carattere di via dello sviluppo (inevitabile?) su scala globale.

Secondo il rapporto, alla rete non si connetteranno più soltanto i computer ma “si connetterà in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, chiunque e qualunque cosa”.

Basta dare un’occhiata ai grandi progetti della domotica e alle “case intelligenti”, alle nuove frontiere dell’e-commerce e degli elettrodomestici intelligenti per rendersi conto di come l’ elettronica pervasiva , associata ad una rete in continuo sviluppo, e con banda sempre maggiore a disposizione, sia destinata a trasformarsi in un “ambiente aumentato” al servizio, almeno così è lecito sperare, dell’umanità che se lo potrà permettere.

Quello che dice ITU è quello che si sente dire da anni: frigoriferi che dialogano con i supermercati dopo aver appreso le “abitudini di consumo” dei padroni di casa, lavatrici capaci di decidere il lavaggio interpretando le informazioni digitali associate al vestiario e via dicendo. In sostanza, dunque, l’ invasione dei tag elettronici , dagli RFID in giù, diminuirà esponenzialmente il tempo e l’impegno che l’uomo del mondo ricco dovrà investire per faccende domestiche, manutenzione di casa e uffici, monitoraggio della propria salute e via dicendo.

Tutto questo al servizio dell’uomo? Ne è convinto lo stesso Negroponte, a Tunisi per il Summit ONU sulla Società dell’Informazione, che fa l’esempio del telefono intelligente , quello che risponde da sé e capisce meglio di una segretaria se la chiamata debba o meno essere passata all’utente.

“In questo quadro – si legge nel rapporto – il mondo virtuale traccerà una mappa di quello reale, dato che ogni cosa nel nostro ambiente fisico avrà la propria identità (una specie di passaporto) nel cyberspazio”.

Tutto bene, dunque? Il rapporto non nasconde le potenziali magagne di uno sviluppo di questo tipo: distruzione della riservatezza, aumento esponenziale dei dati sull’individuo, tracciamento delle abitudini, dei gusti e via dicendo. Come evitarle? Questo è chiedere troppo ad uno studio che delinea uno scenario intriso di ineluttabilità; il rapporto si limita ad affermare: “In un mondo che è sempre più mediato dalla tecnologia dobbiamo garantire che il nocciolo umano delle nostre attività non venga toccato”. Come non essere d’accordo?

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Pubblicato il
18 nov 2005
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