Roma – L’ADSL italiana è sull’orlo di una svolta che, senza retorica, è possibile definire epocale. L’Autorità delle Telecomunicazioni ( Agcom ) sta infatti recependo, per il mercato ADSL all’ingrosso, il nuovo codice delle telecomunicazioni, deciso dalle istituzioni europee nel 2002. È la prima riforma della ADSL italiana dal 2000 , quando sono state gettate le basi e le prime regole di questo mercato.
Ora stanno per essere poste quelle che daranno il volto all’ADSL dei prossimi anni. Dal punto di vista degli utenti, si aprono le porte perché arrivino offerte ADSL con tagli particolari; d’altra parte, però, Agcom accoglie la proposta di Telecom di applicare un canone aggiuntivo alle ADSL senza linea voce . E crea nuove regole per passare con più agilità da un operatore ADSL a un altro.
Le novità sono contenute in un provvedimento di una ventina di pagine che rivoluzionano il modo con cui dietro le quinte l’ADSL funziona, nonché i rapporti tra Telecom Italia e gli altri operatori.
Novità troppo importanti per non essere notate. E infatti hanno scatenato una bufera di proteste da parte dei provider riuniti nell’associazione AIIP . I quali sono arrivati, per una volta, a comprare una pagina su Il Messaggero per parlare del problema: temono che le nuove regole scritte nel provvedimento possano consegnare a Telecom Italia il mercato dell’ADSL.
Tra le varie novità, infatti, in Italia si passa a un regime di regolamentazione più leggero. Telecom Italia, dal momento in cui il provvedimento diventerà legge, non dovrà più chiedere il permesso all’Agcom prima di lanciare un’offerta ADSL al pubblico (Alice). Finora ha dovuto invece rispettare un tempo di preavviso di 30 giorni. È il punto nodale che ha suscitato le maggiori polemiche, ma non il solo a essere contestato. Il provvedimento porta anche altre modifiche strutturali del mercato, alcune delle quali paiono positive a tutti i soggetti. “Potremo lanciare ADSL di nuovo tipo, con molta banda di upload e garantita, svincolati dalle scelte commerciali di Telecom Italia”, dice Stefano Quintarelli, presidente di AIIP. Oppure potranno arrivare ADSL a 6 Megabit anche per chi non è coperto da unbundling .
Secondo Agcom, si pongono ora le basi anche perché possano scendere i prezzi delle offerte al pubblico. I provider non sono d’accordo e invece temono la stagnazione del mercato. La loro causa è stata sposata dal senatore dei Verdi Fiorello Cortiana, che nei giorni scorsi ha presentato, a riguardo, un’interrogazione parlamentare. C’è maretta anche sui blog, a partire da quello di Beppe Caravita , giornalista del Sole24Ore. Forse è stato anche a causa delle polemiche di questi giorni che il provvedimento non si è ancora tramutato in legge , pur essendo giunto alla fine dell’iter previsto: ha ricevuto infatti il placet della Commissione Europea e, a fine novembre, dall’Antitrust.
Ufficialmente, Agcom non ha confermato la tesi secondo cui il rinvio della legge è stato dovuto alle polemiche. Una fonte interna all’Agcom, che è voluta restare anonima, dice invece a Punto Informatico che potrebbe essere una spiegazione plausibile. Si sa che Agcom ne tratterà in una futura riunione del Consiglio (il 21 dicembre), preceduta da incontri con l’AIIP. Alla fine i provider riusciranno a cambiare alcuni dettagli del provvedimento, anche se Agcom ha ormai tutta la facoltà di lasciare le cose come stanno? Non si sa. Una cosa è certa: l’impianto strutturale della riforma ADSL resterà in piedi , perché sono novità attese da tempo (anche dagli stessi provider) e in linea con quanto voluto dalla Commissione Europea. Ecco quindi che cosa sta per cambiare e perché gli utenti debbono esserne a un tempo contenti e spaventati, per le promesse e i rischi in ballo. In sostanza, nel provvedimento le novità fondamentali sono due. Agli operatori vengono concessi il Bitstream pieno e un’offerta all’ingrosso orientata al costo.
È una rivoluzione del mercato . Per comprenderla è necessaria una digressione. Finora gli operatori che non sono Telecom Italia hanno avuto due alternative per vendere l’ADSL. La prima è l’unbundling, che permette loro una certa autonomia nel fornire il servizio ma che richiede cospicui investimenti in infrastrutture; la seconda possibilità è invece l’offerta all’ingrosso (wholesale) di Telecom Italia. C’è un listino (scritto da Telecom e regolamentato dall’Agcom) dove gli operatori possono comprare l’ADSL all’ingrosso e poi venderla agli utenti. Di fatto, il wholesale è ancora lo strumento più usato dagli operatori per concorrere in Italia, poiché l’unbundling raggiunge meno del 50 per cento degli utenti italiani . Al secondo trimestre 2005, le linee ADSL attive vendute attraverso listino wholesale erano 760.592, contro le 568.000 ADSL unbundling (full, ossia con passaggio di consegne anche della linea voce, o shared access). Sono i dati riportati da ECTA , associazione che comprende alcuni dei principali operatori telefonici europei.
In verità, l’ADSL all’ingrosso ha ulteriori suddivisioni, come riporta l’ERG (European Regulators Group). Ci sono quattro livelli di vendita all’ingrosso. Il più semplice è il cosiddetto option 4 (secondo la classificazione ERG), ossia la rivendita pura dell’ADSL di Telecom: l’operatore acquista offerte che hanno caratteristiche in tutto e per tutto speculari a quelle Alice. Telecom fornisce banda, rete di trasporto. Solo pochi provider in Italia scelgono quest’opzione (sono quelli che non hanno il proprio business principale nell’ADSL). Quando Telecom Italia contesta ai provider di fare “mero reselling”, come affermato in più occasioni, è poco precisa: soltanto chi sceglie l’option 4, infatti, fa rivendita pura . Con le altre opzioni, invece, l’operatore deve avere una propria rete, fornita di banda, collegata al Mix di Milano e sostenuta da accordi anche a livello internazionale, per poi connettersi alla rete di Telecom Italia.
Questa connessione può avvenire a vari livelli. A livello di rete IP gestita (option 3: managed IP), ATM (option 2) e DSLAM (option 1). Man mano che si sale di livello, dall’opzione quarta alla prima, l’operatore si avvicina all’utente e quindi ha una maggiore libertà di creare le proprie offerte, diversificandole da quelle dell’incumbent (Telecom Italia). Finora in Italia è stata disponibile solo l’opzione quarta e la seconda. Il nuovo provvedimento aggiunge un altro tassello: l’opzione uno , il Bitstream più evoluto: interconnessione dell’operatore direttamente a livello di DSLAM di Telecom in centrale.
Si noti che per questa novità l’Italia sarebbe all’avanguardia rispetto agli altri Paesi d’Europa. In Francia c’è solo l’option 2 (Bitstream ATM); in Germania peggio ancora: gli operatori sono condannati a fare mero reselling (c’è solo l’option 4), se non hanno rete di unbundling.
Gli operatori, arrivando a livello DSLAM (il router che fornisce l’ADSL agli utenti della zona), sono liberi di fare offerte che prima erano possibili solo attraverso l’unbundling.
Se ci si limita a una connessione ATM alla rete Telecom, infatti, si può scegliere quanta banda destinare agli utenti allocati su quella centrale (configurando il virtual path, che è appunto un circuito presente a livello ATM); si è obbligati però a sottostare alla volontà di Telecom per quanto riguarda i tagli delle ADSL disponibili.
In sostanza, ad oggi nel listino all’ingrosso i provider scelgono in un arco di alternative le velocità di picco e l’ MCR (Minimum cell rate) delle ADSL. Sono le caratteristiche configurate a livello di DSLAM, quindi possono essere scelte solo da chi al DSLAM ha accesso.
Per questa ragione, in Italia non è ancora possibile avere un’ADSL a 6 Megabit (se non in unbundling), sebbene la rete di Telecom già supporti questa velocità. Telecom ha infatti deciso di non renderla disponibile tra i tagli configurabili su DSLAM. Così come ha scelto di affiancare, ai tagli di 4 Megabit in download, una velocità di upload solo a 256 Kbps .
Nel caso delle offerte a 4 Megabit c’è un problema aggiuntivo: Telecom ha potuto limitarne la banda reale disponibile per singolo utente, agendo sulla configurazione dell’MCR. Condannando così queste ADSL a essere di qualità scadente . Con l’accesso a livello DSLAM, gli operatori potranno togliersi tutti i capricci che Telecom finora ha impedito: ADSL 4 o 6 Megabit con 2 o 3 Megabit di upload (la tecnologia non lo vieta), niente più tappi sulla banda effettiva disponibile… Autogestione della velocità di accesso, finalmente.
Telecom smetterebbe di orientare l’evoluzione dell’ADSL italiana , di stabilire quando e in che misura si possa passare a tagli di banda successivi sul mercato. Si pensi che già nel 2000 la rete di Telecom, nei test, dimostrava di poter supportare l’ADSL a 1,5 Mbps; ma Telecom, per strategia commerciale, ha deciso di tagliarla a 640 Kbps. Per poi liberare i tagli successivi (con altrettanti upgrade, strombazzati come se fossero concessioni) solo quando le è stato più conveniente. In realtà è stato un semplice allentare un limite artificioso posto sulla velocità di accesso configurata a livello di DSLAM. Finora gli operatori hanno potuto evitare queste tagliole sulla velocità ADSL solo ricorrendo ai propri DSLAM , messi in co-locazione in centrale; possibilità che però è data loro soltanto dove hanno una rete unbundling (la quale richiede ulteriori investimenti, non solo nei DSLAM, ma anche nell’infrastruttura di trasporto in fibra, nell’affitto di parte della centrale di Telecom…). Un’altra novità che arriverebbe con il provvedimento Agcom è il passaggio a un’offerta all’ingrosso orientata al costo. Adesso (e fin dagli esordi di questo mercato) gli operatori comprano i tagli dell’ADSL in base ai prezzi stabiliti dal retail minus . Ossia, le ADSL disponibili all’ingrosso devono ricalcare quelle del listino retail di Telecom Italia (Alice ADSL), per caratteristiche; devono però costare agli operatori meno (minus) rispetto alle analoghe offerte Alice al pubblico. In quel minus, espresso in percentuale (ad oggi il 47 per cento) c’è la possibilità per gli operatori di competere, di fare i propri prezzi .
Il problema del modello retail minus, come riconosciuto dalla stessa Agcom nell’analisi di questo mercato, è che mette i prezzi dell’ADSL italiana nelle mani di Telecom Italia . Il prezzo delle offerte dei concorrenti è influenzato infatti dai costi del listino all’ingrosso, che però sono retail minus, ossia scendono solo nella misura in cui Telecom si decida di abbassare i canoni di Alice. Questo sistema è quindi un freno alla discesa dei prezzi al pubblico e anche un potenziale vizio della concorrenza. Telecom ha la facoltà di tenere artificiosamente alti i prezzi dell’ADSL italiana decidendo di non abbassare quelli di Alice (le offerte all’ingrosso e quindi quelle della concorrenza andranno di conseguenza).
Con il provvedimento di AGCOM si va invece nella direzione del cost plus. I prezzi all’ingrosso, applicati agli operatori, saranno pari ai costi affrontati da Telecom per fornire loro il servizio; più una quota che tuteli i profitti e gli investimenti fatti da Telecom nelle infrastrutture messe a disposizione dagli operatori.
Fin qui tutti contenti, tutto bene; ma quando arriverà il Bitstream ? Qui cominciano le proteste di AIIP, che accusa Agcom di non avere scritto con chiarezza i tempi per l’approvazione dell’offerta Bitstream. Agcom stima invece che ci vorranno circa 120 giorni calcolati dal momento in cui il provvedimento diventerà legge. La prima tappa sarà dopo 30 giorni: ci sarà un tavolo tecnico tra operatori, che durerà 60 giorni, durante il quale Telecom dovrà fornire la contabilità separata dei propri costi. Su questa base si arriverà all’offerta cost plus , rivolta da Telecom agli operatori, con la supervisione di Agcom. Di conseguenza, diventerà disponibile l’accesso Bitstream al DSLAM di Telecom.
Secondo motivo di protesta: nel frattempo, da quando il provvedimento diventa legge e fino al momento in cui si passa al regime cost plus, resta il retail minus; ridotto però: al 30 per cento. Gli operatori compreranno l’ADSL da Telecom a un prezzo che sarà circa di un terzo inferiore a quello dell’analoga offerta Alice; prima invece era quasi la metà. Si riducono così i margini che restano in mano agli operatori. Secondo Agcom, il minus è stato ridotto perché negli ultimi anni sono diminuiti anche i margini di profitto di Telecom Italia sulle ADSL. Altro motivo di protesta: dal momento in cui questo provvedimento diventerà legge (prima ancora quindi che arrivi la nuova offerta all’ingrosso) l’Agcom rinuncia al potere di controllo preventivo sulle offerte ADSL al dettaglio di Telecom. È il cosiddetto obbligo di “comunicazione ex ante”, secondo cui Telecom sarebbe costretta a comunicare all’Agcom, con preavviso (30 giorni), le offerte Alice che intende lanciare. Resta quest’obbligo di preavviso solo per le variazioni che Telecom vorrà apportare al listino all’ingrosso ed è di 60 giorni.
L’Agcom non potrà quindi bloccare o modificare eventuali offerte Alice anticoncorrenziali prima che escano al pubblico. Potrà farlo in un secondo momento, tramite l’attività di Vigilanza e Controllo, se si accorgerà che una nuova offerta Alice è venduta a costi inferiori rispetto a quelli chiesti da Telecom ai concorrenti. I provider temono però che questo intervento sarà tardivo e nel frattempo eventuali offerte ADSL anticoncorrenziali di Telecom faranno piazza pulita di utenti.
Il successo o la disgrazia di questa novità dipenderanno insomma dall’efficienza della Vigilanza e Controllo di Agcom, la quale in alcuni casi si è rivelata tempestiva (a settembre ha bloccato in quattro giorni una Alice ADSL 4 Megabit anticoncorrenziale, che Telecom voleva vendere a 19,95 euro al mese); in altri è stata debole o tardiva, come dimostra l’ondata di denunce depositate in questi ultimi tre mesi dagli operatori, contro Telecom, alla Corte di Appello di Milano per questioni legate alla concorrenza, che sarebbe stato compito di Agcom dirimere.
Ci sono insomma prove recenti sia del fatto che Telecom ha provato a lanciare offerte anticoncorrenziali sia che l’Agcom spesso è stata lenta a reagire. Entrambi gli elementi potrebbero creare un cocktail micidiale qualora l’Agcom rinunciasse a controllare le offerte in anticipo. Il problema è che la lentezza di Agcom ha una causa oggettiva, strutturale: per volontà del Governo, soffre di scarsità di risorse , umane e finanziare.
L’ha già denunciato lo stesso presidente di Agcom, Corrado Calabrò, che per arginare il problema ha deciso quindi, a dicembre, una riorganizzazione interna delle divisioni. Scatterà dal 1 febbraio 2006 e porterà maggiore accento appunto sulle funzioni di Vigilanza e Controllo. La cui importanza diventa fondamentale alla luce del nuovo quadro regolamentare. L’Agcom infatti ha eliminato la regola dell’obbligo di comunicazione ex ante nel mercato ADSL al dettaglio perché lo prevedevano le vecchie regole, che adesso però decadono nel momento in cui si recepisce il nuovo codice delle comunicazioni europeo. Il punto è che il codice non indica in modo esplicito tra i 18 mercati TLC da regolamentare quello ADSL retail (offerte al pubblico). È indicato invece il mercato ADSL all’ingrosso ed ecco quindi che Agcom vi ha individuato Telecom come soggetto dominante, da regolamentare. Nei fatti Telecom domina anche il mercato retail, con una quota di oltre il 70 per cento (in Europa, solo Deutsche Telekom ne ha una maggiore nel proprio Paese); il che però non basta, stando alle nuove norme, a fare valere anche qui una regolamentazione rigida di vecchio stampo (che includa l’obbligo di comunicazione ex ante).
A tal scopo, Agcom dovrebbe fare un passo ulteriore: dire alla Commissione Europea che intende aggiungere il mercato ADSL retail a quei 18 da regolamentare. Quindi analizzarlo e definire Telecom come dominante . È sua facoltà individuare mercati ulteriori, ma può farlo solo in determinate circostanze, come stabilisce il nuovo codice europeo. Cioè solo se l’Autorità Garante delle Telecomunicazioni riconosce in quel mercato la presenza di tre elementi critici (tutti e tre insieme): forti barriere all’ingresso, scarsa dinamicità, insufficienza dei normali strumenti disponibili per la regolamentazione (ovvero, nel caso specifico, se le regole poste nel mercato all’ingrosso si mostrano insufficienti a tutelare, indirettamente, la concorrenza nel mercato ADSL retail). Secondo AIIP, il mercato ADSL retail italiano soffre di tutti e tre questi problemi; ma non deve essere AIIP a stabilirlo, ufficialmente, bensì Agcom (stando alle norme europee). E Agcom, ad oggi, ha deciso di non seguire questa strada . Di fatto, in Europa, finora nessuna Autorità Garante ha aggiunto il mercato ADSL retail a quelli da analizzare.
Tuttavia è indubbio che la situazione italiana sia particolare, attanagliata com’è da un paradosso: diventa cruciale l’attività di Vigilanza e Controllo, per le sorti della concorrenza, proprio in una fase in cui l’Autorità soffre un problema oggettivo di scarsità di risorse. Tale da rendere difficile il controllo tempestivo a posteriori delle offerte di Telecom. Tra le altre novità che il provvedimento Agcom vorrebbe introdurre, si accoglie una vecchia proposta di Telecom Italia: applicare agli operatori un canone aggiuntivo per le ADSL vendute a utenti che non hanno o che hanno eliminato la linea voce.
Il canone aggiuntivo sarà pari a quello della linea base (14,57 euro mese per le famiglie), meno una certa somma da stabilire e che sarà pari ai costi non legati alla manutenzione del doppino. Il canone ricadrà, probabilmente, sulle tasche degli utenti , che quindi vedranno vanificato (o quasi) il risparmio sul canone Telecom. Protestano i provider: “Verrà ucciso il mercato delle ADSL senza linea voce e del VoIP, agli utenti converrà acquistarle solo se sono coperti da unbundling dell’operatore, perché in questo caso non si applicano le nuove regole”, dice Paolo Nuti, vicepresidente AIIP.
C’è una differenza però rispetto a quanto proposto in passato da Telecom: la regola non sarà retroattiva , cioè il canone aggiuntivo non si applica alle ADSL senza voce già attive quando il provvedimento diventerà legge. Gli utenti farebbero meglio ad acquistare ora, quindi, un’ADSL senza voce. Oppure a eliminare ora la linea Telecom se hanno già un’ADSL. Secondo nuove regole , già vigenti, infatti, Telecom non eliminerà più l’ADSL di utenti che hanno chiesto la disdetta della linea voce.
I provider segnalano infine un’anomalia, nel provvedimento Agcom: se l’ADSL è senza linea voce, costerà all’ingrosso secondo i vecchi principi del retail minus e non secondo i nuovi, cost plus.
Cambio operatore ADSL
L’Agcom interviene anche in un’altra annosa questione, con questo provvedimento: il cambio operatore ADSL . In Italia dura troppo: circa due mesi in media (dati Agcom).
Le nuove regole cercano di accelerare la procedura. L’utente non dovrà più chiedere la disdetta della vecchia ADSL e aspettare che la linea venga liberata, per poi ordinare la nuova ADSL. Sarà sufficiente chiedere la linea al nuovo operatore , che poi si occuperà delle pratiche del passaggio. La richiesta della nuova ADSL vale insomma anche come disdetta della precedente. Avendo in gestione sia la disdetta sia la nuova attivazione, il nuovo operatore potrà ridurre i tempi morti (in cui l’utente resta senza linea) e rendere il passaggio il più fluido possibile.
Questa regola del cambio veloce di operatore già valeva per gli utenti che vogliono passare a un’ADSL in unbundling o shared access (secondo il cosiddetto override ). Il provvedimento estende la regola a tutti i passaggi ADSL.
Si noti però che l’utente è comunque tenuto a pagare l’eventuale canone della vecchia ADSL fino a scadenza naturale del contratto. Se si ha un’ADSL con canone, conviene quindi chiedere la nuova ADSL una quarantina di giorni prima della scadenza del vecchio contratto.
Le nuove regole, per il cambio operatore, sono vantaggiose per gli utenti, ma anche espongono a un paio di rischi. Primo: come essere sicuri che l’utente abbia davvero chiesto una nuova ADSL? Si deve evitare il pericolo che attivazioni arbitrarie da parte dei call center , non richieste dall’utente, cancellino l’ADSL preesistente. La nuova attivazione cancella infatti in automatico la vecchia. Sarebbe bene che nei casi di cambio operatore ci fosse sempre, come prova della richiesta dell’ADSL, una raccomandata firmata e spedita dall’utente al nuovo operatore . Il provvedimento non ne parla . Dà però facoltà al vecchio operatore di avvisare l’utente e provare a convincerlo a cambiare idea, il che potrebbe anche funzionare come strumento di controllo e verifica delle nuove attivazioni.
Secondo rischio: gli utenti disinformati potrebbero essere tratti in inganno; un operatore potrebbe convincerli a cambiare ADSL tacendo il fatto che debbano continuare a pagare il contratto già attivo. Il che può portare danni sia agli utenti, che rischiano di pagare per molti mesi un doppio canone oppure a essere perseguiti per morosità; sia agli operatori, che nei prossimi mesi potrebbero essere costretti ad affrontare il caos di canoni di colpo non più pagati e a dover inseguire gli utenti a colpi di avvocati e di carte bollate.
Alessandro Longo