Chi boicotta la banda larga elettrica?

Chi boicotta la banda larga elettrica?

La tecnologia c'è, in altri Paesi migliaia di utenti possono avere Internet veloce anche se non coperti da ADSL. In Italia solo nel 2006 le prime offerte commerciali. A frenare il tutto è Enel o complesse questioni normative?
La tecnologia c'è, in altri Paesi migliaia di utenti possono avere Internet veloce anche se non coperti da ADSL. In Italia solo nel 2006 le prime offerte commerciali. A frenare il tutto è Enel o complesse questioni normative?


Roma – Banda larga tramite rete elettrica, per chi non è raggiunto da ADSL: si ravvivano le speranze di vedere diffuse le prime offerte, anche in Italia. I ritardi accumulati con il resto d’Europa cominciano però a diventare notevoli. Eppure, per questa tecnologia, powerlines , i tempi sono ormai maturi .

“Adesso, dopo la liberalizzazione del Wi-Fi in Italia, da novembre, abbiamo gli strumenti ideali per portare la banda larga nelle case, tramite rete elettrica abbinata a sistemi wireless Wi-Fi con cui raggiungere il backbone su rete fissa più vicino”, dice a Punto Informatico Herman Zampariolo, presidente di I-Light, l’azienda che si è maggiormente distinta in Italia per la fornitura di servizi powerlines . “Li stiamo fornendo alle aziende elettriche municipalizzate di Brescia e di Cremona, che a loro volta cominciano a offrire agli utenti connessioni con qualche megabit di banda”.

È proprio nella provincia di Brescia il progetto powerlines più importante in Italia: “Finora sono state installate alcune centinaia di nodi, a partire da giugno. Si conta di arrivare a 32 mila nodi nei prossimi due anni. Gli utenti già coperti navigano a 2 Megabit simmetrici. Gratis, per ora. Nel 2006 arriveranno le prime offerte commerciali, con canoni di circa 20 euro al mese flat”. Poter usare il Wi-Fi abbinato alla rete elettrica segna una svolta importante, perché permette di abbattere i costi di copertura. “Infatti già a Brescia intendiamo usare, per il 50 per cento dei nodi, il Wi-Fi; e nelle valli bresciane, invece andremo con il Wi-Fi nella quasi totalità dei casi”.

Il ponte radio Wi-Fi collega le cabine elettriche di zona al backbone in fibra o xDsl più vicino. “Prima della liberalizzazione Landolfi eravamo costretti, in Italia, a portare la rete fissa fino alla cabine. Il che è piuttosto dispendioso soprattutto nelle zone montane, rurali, dove le distanze sono elevate tra le cabine e l’ultimo pezzo di backbone. Lì non manca solo l’ultimo miglio, la banda larga fino alla casa dell’utente, ma anche il “miglio”; cioè il backbone si ferma troppo lontano dalle centrali”. Con questa formula, Wi-Fi più rete elettrica, i-Light sta partecipando a due bandi di concorso presentati da altrettante importanti province italiane (“non posso dire dove, per motivi strategici”), che intendono ora dare la banda larga alle case non coperte da ADSL . “Si tratta di due blocchi da un centinaio di comuni, non è poca cosa”. Buone nuove, quindi, grazie al Wi-Fi; peccato che le promesse ci stiano mettendo tanto, troppo tempo per tramutarsi in fatti. In Italia in nessuna città ci sono già offerte commerciali powerlines, come accade invece a Bellinzona , nella Svizzera italiana.

Ci sono soltanto iniziative sperimentali, comunque limitate a singole province (un altro esempio è Sassuoli). Perché? “Il punto – spiega Zampariolo – è che questi progetti devono passare dai proprietari della rete elettrica . In Italia, nell’85 per cento del territorio, la proprietà è di Enel , che finora è stata restia a lanciare le powerlines. I servizi sono partiti, infatti, perlopiù in province dove la rete elettrica è gestita da una municipalizzata. Oppure stanno partendo in piccoli comuni, come Lodi, dove la pubblica amministrazione sta scendendo a patti con Enel: la PA investe negli impianti, Enel presta la rete”.


Il tutto a causa di una particolarità tutta italiana: “Da noi Enel è insieme il principale proprietario della rete e il massimo produttore di energia, quindi può fare il bello e cattivo tempo. In Francia la rete è proprietà dei comuni. In Germania ci sono solo municipalizzate…”. Francia e Germania , come l’Austria, sono infatti all’avanguardia nell’offerta di banda larga su rete elettrica, rispetto al resto d’Europa.

A riguardo, fa fede un documento di aprile pubblicato dalla Commissione Europea, dove l’Italia, quanto alle powerlines, fa la figura di una cenerentola, al pari di Paesi come il Portogallo o la Polonia .

È Enel, quindi, con i suoi indugi che sta boicottando la banda larga elettrica italiana? “Finora i ritardi erano giustificati: Enel aveva in seno Wind, uno dei principali operatori TLC italiani. Aveva poco interesse commerciale a presentare offerte su tecnologia alternativa. Sono pochi mesi che Enel non ha più Wind; forse nell’immediato futuro aprirà le porte alle powerlines?”.

Secondo Enel, invece, la colpa dei ritardi è della Commissione Europea . “Intende fissare limiti troppo stringenti sulle emissioni delle reti powerlines, come risulta da una bozza che circola tra gli addetti”, spiega a Punto Informatico Sergio Rogai, Chief Technical Officer Metering Systems di Enel e membro del PLC Forum , che raggruppa varie aziende interessate a questa tecnologia. “Si parla di un limite di 55-57 db per le emissioni, ma dovrebbero essere più alti per permetterci di costruire un business sostenibile sul territorio nazionale. A Enel non interessa partire solo in alcune zone: abbiamo bisogno di logiche commerciali basate su grossi volumi”.

Quanto più alti sono i limiti di emissione, tanto maggiore sarà la copertura ottenibile a parità di infrastrutture installate. Maggiore sarà quindi il numero di utenti potenziali, il che aumenta le probabilità, per chi investe, di rientrare nei costi zona per zona. Si tratterebbe di dividere la banda massima raggiungibile, 50 Mbps , per i clienti attivi. “Gli investimenti sono forti, bisogna installare un apparato in cabina secondaria, apparati ripetitori su linee a bassa tensione, apparati all’esterno, di solito nel contatore locale, e nelle case. Oltre certi canoni non possiamo chiedere, direi 25-30 euro al mese, per essere appetibili sul mercato. Per fare un business, serve quindi avere almeno il 10 per cento di utenti attivi per ogni trasformatore coperto da powerlines”.

“Enel – continua Rogai – si sta opponendo, all’interno della Public Utilities Alliance, a questo approccio voluto sulle emissioni dalla Commissione Europea”. Alle spalle c’è una volontà politica , forse “influenzata, in sede di Commissione, probabilmente da Deutsche Telekom , che ha interesse a rallentare le powerlines”. “Almeno la Commissione avrebbe potuto differenziare i limiti di emissione a seconda dei luoghi… in campagna c’è meno rischio di interferenze, i limiti potrebbero essere più laschi. Perché usare gli stessi in città come in campagna? Proponiamo quindi di tenerli più alti e che, solo dove saranno sperimentate interferenze, siano imposti agli operatori filtri per mitigare le emissioni”.

Sono questi i problemi, dice Enel, “per i quali non abbiamo dato seguito commerciale alla sperimentazione di Grosseto e l’abbiamo poi interrotta. Non ha senso andare avanti se dall’Europa non arrivano segni rassicuranti per noi”. L’uscita di Wind da Enel, secondo Rogai, “ha favorito la stagnazione delle attività”, invece di incoraggiarle. “Continuiamo ora ad avere attenzione per le powerlines, ma a basso profilo. La situazione resterà così finché la normativa europea non si sbloccherà”.

Il settore in Italia è vittima di un paradosso , quindi: la tecnologia è già pronta, ottimale per superare il digital divide anche grazie al Wi-Fi; ma la volontà di qualcuno (politici o imprenditori, non si sa) impedisce di metterne in atto le potenzialità.

Secondo Enel, la colpa è della Commissione, influenzata da Deutsche Telekom. Secondo I-Light, invece, Enel non ha scuse: “I limiti di 55 db sono accettabili; sono quelli che abbiamo sempre rispettato, non solo in Italia ma anche in altri Paesi d’Europa. Le ragioni che stanno facendo indugiare Enel sono altre, ma non riesco a indovinarle adesso che non ha più Wind”.

Forse le powerlines contribuiranno a colmare il digital divide italiano su larga scala soltanto quando sarà avviata una piena liberalizzazione della rete elettrica, come previsto per i prossimi anni. Nell’attesa, il Wi-Fi e, dal 2006-7, il WiMax potranno essere forse la soluzione migliore per chi non è raggiunto da ADSL.

Alessandro Longo

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Pubblicato il
16 dic 2005
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