SmartFilter, l'alleato della censura

SmartFilter, l'alleato della censura

Cos'hanno in comune gli ISP di Tunisia, Iran ed Emirati Arabi Uniti? Usano lo stesso software per bloccare l'accesso alla Rete. Le proteste di EFF e dei blogger statunitensi: SmartFilter è una minaccia
Cos'hanno in comune gli ISP di Tunisia, Iran ed Emirati Arabi Uniti? Usano lo stesso software per bloccare l'accesso alla Rete. Le proteste di EFF e dei blogger statunitensi: SmartFilter è una minaccia

San Francisco (USA) – Uno dei luoghi comuni più diffusi è che l’estromissione dalla Rete, almeno in certi paesi poco democratici , sia un trattamento riservato a dissidenti e sovversivi . Niente di più falso: a volte può bastare pubblicare un’immagine del David di Michelangelo per finire nelle maglie della censura di un governo straniero, come è accaduto ad un celebre blog americano bloccato negli Emirati Arabi Uniti.

Una parte della colpa, secondo l’osservatorio anticensura OpenNet Initiative , è da imputare al sistema di filtri software più diffuso in tutto il mondo meno libero : SmartFilter , realizzato da Secure Computing , una nota azienda statunitense . Stando ad una serie di importanti studi accademici condotti da varie università nordamericane, Secure Computing è il più importante fornitore di tecnologie censorie per Iran, Tunisia, Emirati Arabi Uniti e Qatar.

Questi paesi, come gli autori del seguitissimo blog BoingBoing hanno potuto provare in prima persona , si affidano ciecamente ai database di Secure Computing per “scremare” l’accesso a siti web potenzialmente dannosi. Le tecnologie di filtraggio offerte da Secure Computing vengono utilizzate anche da moltissime istituzioni, negli Stati Uniti così come all’estero: biblioteche, uffici pubblici e persino ISP.

Il sistema si basa sull’ analisi arbitraria delle pagine ed arriva a sbarrare l’accesso verso database informativi sull’educazione sessuale o visitatissime gallerie di nudi artistici . Questo perché una lista d’informazioni utili per combattere la diffusione delle malattie veneree, così come qualsiasi pagina che mostri gli addominali del capolavoro rinascimentale di Michelangelo, è equiparata ad un sito esplicitamente pornografico.

SmartFilter infatti utilizza un sistema di indicizzazione categorica dei siti , suddivisi a seconda dei contenuti.

Un inventario “approssimativo, errato e controproducente”, sostiene Xeni Jardin di BoingBoing, bloccato da SmartFilter come “sito pornografico” proprio per aver pubblicato qualche immagine del David. Invece un sito di BitTorrent , per esempio, viene identificato nella categoria P2P/Filesharing . In questo caso, uno stato o un’azienda che volesse sbarrare l’accesso al filesharing, per paura di incappare nell’ira delle major, finirebbe per bloccare l’accesso ad uno dei software legali più rivoluzionari degli ultimi anni. Fortunatamente è possibile controllare lo status di qualsiasi URL attraverso l’impiego di un’apposita procedura automatica . Il rischio, come dichiarano alcuni esponenti di EFF, è di “ritrovarsi censurati per decisione di un software automatico, errato e fazioso”.

L’uso di SmartFilter, in definitiva, è un grande rischio per le libertà degli utenti Internet. BoingBoing ha quindi lanciato una simpatica azione di boicottaggio nei confronti di SmartFilter, accolta con calore anche da alcuni membri di EFF : un’icona del pene della statua di Michelangelo da pubblicare sui siti “amici”, per “dare grattacapi a SmartFilter e far capire che Secure Computing va messa al bando”.

Secure Computing smentisce ogni accusa: “Non collaboriamo con regimi, vendiamo solo software”, sostengono alcuni portavoce: “Seguiamo tutte le leggi statunitensi riguardo all’esportazione di tecnologie e soprattutto non possiamo sapere se i nostri clienti utilizzeranno il software per bloccare l’accesso ad Internet o meno”.

In ultima istanza, visti gli eventi dei giorni scorsi, è persino lecito domandarsi se anche il governo Italiano non sia cliente di SmartFilter.

Tommaso Lombardi

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Pubblicato il
1 mar 2006
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