Bruxelles – Prima puntata oggi di una importante tenzone sul diritto d’autore nell’era digitale, quella che vede da una parte le società che rastrellano i diritti nei diversi paesi, la SIAE e i suoi omologhi, e dall’altra la Commissione Europea. Secondo quest’ultima, infatti, le società di raccolta ostacolano lo sviluppo del mercato digitale della musica .
L’inchiesta avviata dalla Commissione nasce sulla base dei ricorsi dei grandi distributori , come Virgin o FNAC, secondo cui gli attuali regimi imposti dalle società di raccolta impediscono loro di lavorare liberamente sul mercato europeo. L’accusa è di non poter cercare ed ottenere il miglior prezzo per i propri prodotti nei diversi paesi: per farlo devono comunque passare attraverso la società di raccolta del paese dove è localizzata la sede dell’azienda.
Non solo. Come si ricorderà, IFPI ed altri soggetti del mondo discografico hanno ipotizzato una licenza territorialmente non esclusiva e la Commissione lo scorso maggio aveva avvertito SIAE e omologhi spiegando che il loro accordo internazionale, il Santiago Agreement , viola le disposizioni comunitarie.
Secondo gli esperti di Bruxelles, infatti, accade che le società di raccolta, stringendo accordi tra di loro di cross-licensing, abbiano di fatto creato un mercato strutturato e bloccato che ripropone in rete “i monopoli nazionali che quelle società gestiscono tradizionalmente nel mondo offline”.
A ritenersi “bloccati” dal Santiago Agreement sono tutti quegli operatori internet oggi interessati a spingere sul mercato digitale della musica. Diversa invece la situazione per le case discografiche che, come noto, hanno già attivato licenze ad hoc per non essere frenate dai diversi regimi nei vari paesi.
Per ora la SIAE non ha pubblicamente preso posizione sulle accuse di Bruxelles.