Parigi – Qualcosa era nell’aria fin da quando venne avanzata una proposta per legalizzare lo scambio di file coperti dal diritto d’autore a fini personali: la proposta è stata poi ritirata ma è rimasto aperto il dibattito che ieri ha portato l’Assemblea Nazionale francese ad approvare una nuova legge sul diritto d’autore con una maggioranza schiacciante e bipartisan (296 sì e 193 no).
Due elementi di punta della nuova legge denominata DADVSI (Droits d’Auteur et Droits Voisins dans la Société de l’Information), che recepisce la controversa direttiva europea EUCD e che dovrà essere approvata dal Senato.
Il primo riguarda la forzata interoperabilità tra i sistemi anticopia : ciò significa che i diversi produttori di tecnologie DRM (Digital Rights Management) dovranno consentire agli utenti di far viaggiare contenuti legalmente acquistati da una piattaforma all’altra. “Le misure tecnologiche – si legge in uno degli articoli della normativa – non devono esprimersi nell’ostacolare l’interoperabilità. Le misure tecniche non possono rappresentare un ostacolo al libero utilizzo dell’opera o del contenuto protetto (dal diritto d’autore, ndr.)”.
Si tratta di una misura che colpisce i produttori ma soprattutto i jukebox online, come lo store di Apple che, tradizionalmente, lega il download di file all’utilizzo con determinati sistemi e player come l’iPod. Tutto questo si traduce nell’obbligo per le aziende di condividere le fin qui esclusive tecnologie di controllo dei contenuti come FairPlay della stessa Apple, o l’ATRAC3 di Sony. Di mezzo ci vanno anche produttori come Microsoft, con la sua piattaforma Windows Media, o come Creative, alcuni prodotti dei quali girano soltanto con Windows Media. Ma è l’intero settore ad essere toccato da questa clamorosa “apertura”.
D’altra parte i produttori non avranno altra scelta se non adeguarsi: qualora non lo facciano, saranno passibili di denunce e sanzioni. Il tutto condito dal fatto che “nessuno può vietare la pubblicazione del codice sorgente e della documentazione tecnica della porzione di un software indipendente che interagisce per scopi legali con una misura di protezione tecnologica”. Una sorta di legalizzazione del reverse engineering se giustificato dalla necessità di rendere interoperabili più sistemi.
La fornitura delle informazioni necessarie a garantire l’interoperabilità non potrà avere altri costi se non quelli della mera fornitura dei dati necessari. Va detto che qualunque software o dispositivo verrà realizzato con queste informazioni dovrà essere chiaramente indirizzato ad un “uso legale” e dovrà comprendere “sistemi anticopia”. E questa è una questione potenzialmente esplosiva .
Come osservava nei giorni scorsi, tra gli altri, il celebre blog BoingBoing , infatti, la domanda sorge spontanea: “Apple e Microsoft dovranno dare in licenza gratuitamente i loro player agli autori di software aperto e gratuito?”. La sostanziale contraddizione risiede nel fatto che, per sua natura, il software a codice aperto può e deve poter essere modificato in ogni sua parte, mentre i sistemi proprietari di DRM potranno sì essere condivisi tra produttori, ma solo a patto che le modifiche non rimuovano i sistemi anticopia.
Secondo elemento chiave della normativa è quello relativo alla pirateria informatica . Su questo aspetto, nelle scorse settimane l’organizzazione non profit EUCD.info ha raccolto 150mila firme, definendo la legge “liberticida”.
Allo scopo di armonizzare le disposizioni di settore e dare un chiaro segnale agli utenti dei sistemi peer-to-peer che condividono file protetti, la nuova legge prevede sanzioni, economiche e non. In particolare si tratta di multe da 38 euro per coloro che vengono colti a scaricare file protetti dal diritto d’autore a scopo personale, ad esempio sfruttando la connessione di casa. 150 euro invece per chi mette a disposizione di altri ciò che scarica.
Multe invece più salate, fino a 3.750 euro, per chi crea sistemi capaci di bypassare i sistemi anticopia. E 750 euro a chi venisse colto ad utilizzare questi sistemi.
Ma c’è di più. Le multe arrivano a 300mila euro, a cui si aggiungono anche possibili pene detentive fino a tre anni, per chi invece produce e vende software che può essere utilizzato per condividere opere protette: una misura che in pratica rende illegale lo sviluppo di software di condivisione.
Due emendamenti che sono stati approvati su richiesta dei grandi produttori, si fa esplicitamente il nome di Vivendi Universal, specificano che i produttori di software sono responsabili dell’uso dei loro programmi . Vale a dire che se il software è destinato ad essere utilizzato, ad esempio, per rendere disponibili e gestire opere protette dal diritto d’autore, allora chi realizza questi software deve integrare tecnologie DRM. Una misura che rischia di mettere all’angolo lo sviluppo del software libero in questo ambito.
Da parte sua, l’industria musicale sembra naturalmente favorevole alle nuove normative. Uno dei rappresentanti francesi della Federazione internazionale dei fonografici IFPI , Oliva Regnier, nei giorni scorsi aveva dichiarato che “l’industria è a favore dell’interoperabilità perché rende la musica accessibile su più piattaforme. Si tratta di una normativa tecnica e complessa e non è davvero chiaro come sarà messa in atto”. Difficile d’altra parte pensare che i produttori di musica siano disponibili a commercializzare i propri cataloghi senza esplicite garanzie sulla possibilità di controllarne la diffusione.
Che Parigi sia intenzionata a diffondere la sua interpretazione della EUCD in Europa è già noto: nei giorni scorsi il consigliere al Ministero della Cultura Martin Rogard aveva spiegato che “chi compra una canzone deve poterla ascoltare indipendentemente dal dispositivo o dal software che utilizza. Vedremo di portare tutto questo a livello europeo”.