Per i giovani pirati, educazione e repressione

Per i giovani pirati, educazione e repressione

MPAA lancia il concorso che premierà gli studenti che realizzeranno il miglior spot antipirateria, mentre RIAA denuncia i figli di una celebre mamma-pirata. L'azione antipirateria prende di mira sempre di più i giovani
MPAA lancia il concorso che premierà gli studenti che realizzeranno il miglior spot antipirateria, mentre RIAA denuncia i figli di una celebre mamma-pirata. L'azione antipirateria prende di mira sempre di più i giovani

MPAA , ossia gli studios di Hollywood, premierà il miglior clip antipirateria e lo tramuterà in una pubblicità. È stato indetto, per gli studenti dei college che partecipano al progetto Students In Free Enterprise (SIFE) , il secondo Anti-piracy Public Service Announcement Contest . Vince chi convince che la pirateria è un male da estirpare.

Glickman, chairman e CEO della MPAA, gongola: ” la competizione dell’anno scorso è stata un grande successo, con più di quattordici milioni di persone esposte ai messaggi antipirateria dei team SIFE”. E prosegue: “Non vediamo l’ora di ammirare i progetti di quest’anno, prodotti che dimostrano l’ ingenuity e il duro lavoro di questi sorprendenti studenti”.

Le campagne che propagandano la cultura (e il culto) del copyright sono sempre più indirizzate ai giovani cittadini , con l’intenzione di convincerli che scambiare film o musica online è come rubare, anche se non si sottraggono fisicamente copie al mercato. Basti citare il reclutamento di lupetti e coccinelle , addestrati a sventare striscianti macchinazioni piratesche. Le major assegnano ai boy scout il ruolo di delatori che, per meritarsi una toppa antipirateria e una coscienza limpida, denuncerebbero pure il compagno di giochi.

Va segnalata, inoltre, l’ iniziativa di BSA , l’associazione delle major del software, che ha sguinzagliato alcuni dei suoi più persuasivi funzionari in un tour delle scuole americane. Si punta sulla malleabilità dei giovani studenti per scoraggiare la pirateria, equiparandola ad un crimine efferato, per educare i ragazzi a diventare uno stuolo di acquirenti indottrinati.

Per avvalorare queste campagne propagandistiche, le major sbandierano ricerche su ricerche , che fanno del p2p il capro espiatorio, responsabile del calo delle vendite. Lamentano e spaventano con temibili effetti increspatura : la pirateria si ripercuoterebbe su tutto il sistema economico mondiale. Solo negli USA, si sta propagando un’onda d’urto del valore di oltre 20 miliardi di dollari in posti di lavoro mancati, tasse non pagate, guadagni non incassati.

Si punta il dito contro gli studenti: il documento The Cost Of Movie Piracy stima che il 44 per cento delle perdite annuali nell’ambito dell’industria cinematografica sia da attribuire alle abitudini degli studenti dei college. Ma queste tendenze sembrano collidere con i dati emersi da uno studio commissionato dalla CRIA, la Canadian Recording Industry Association : secondo la ricerca i giovani sono parte della comunità P2P e sono al tempo stesso i principali clienti delle major. RIAA e MPAA si scagliano contro le categorie più indifese. Oltre a volerle persuadere con campagne estensive e manipolatorie, spaventano i cittadini e reprimono qualsiasi tentativo di discostarsi dagli schemi che reggono l’industria della proprietà intellettuale.

Sono celebri i casi di studenti incriminati e costretti a pagare somme spropositate. Magari per aver rimediato a dei bug del motore di ricerca interno alla propria università, consentendo accidentalmente di accedere a file mp3 condivisi in rete. È questo il caso di Jesse Jordan , citato da Lawrence Lessig nel suo Free Culture .

Sono altrettanto sorprendenti i casi di mamme pirata , incapaci di accendere un computer, ma incriminate e costrette a sobbarcarsi spese legali per migliaia di dollari. O a patteggiare, e cedere al ricatto delle major, pagando quel che possono per interrompere i procedimenti legali.
Ma non mancano personaggi che si impegnano in crociate ideologico-legali, le cui spese si dividono fra fondazioni, collette , e addirittura case discografiche , capaci di andare controcorrente e di intuire il valore culturale, ed anche economico, del P2P.

Patti Santangelo , icona di tutte le bieche mamme-pirata incapaci di accendere il PC, torna alle ribalte delle cronaca: è stata sì scagionata. Ma del sommo reato di downloading sono stati incolpati i figli, sedici e vent’anni. Durante il processo, sostengono i rappresentanti della RIAA, la figlia avrebbe confessato timidamente le proprie attività, mentre il figlio sarebbe stato “incastrato” dal suo migliore amico, probabile boy scout in cerca di gloria.

Una caccia alle streghe e un accanimento giudiziario che valgono più come deterrente che come rimborso-spese. Ogni episodio si potrà annoverare, come fosse un aneddoto edificante, nella raccolta di exempla riguardo ai malfattori puniti.

Una scontro tra Davide e Golia, come suggerisce il nome dell’ iniziativa di raccolta fondi a favore di Patricia Santangelo. Un gigante che, fra la folla ai suoi piedi, afferra per la giacchetta il primo ragazzino che capita a tiro, lo solleva e lo scruta con fare intimidatorio: “O con me o contro di me. E, mi raccomando, dillo anche ai tuoi amichetti”.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
7 nov 2006
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