Trasformato il trattato sul cybercrimine

Trasformato il trattato sul cybercrimine

La pressione internazionale delle numerose associazioni che si battono per i diritti digitali ha ottenuto un primo importante risultato: le misure più drastiche del trattato internazionale vengono riviste. Ma non del tutto
La pressione internazionale delle numerose associazioni che si battono per i diritti digitali ha ottenuto un primo importante risultato: le misure più drastiche del trattato internazionale vengono riviste. Ma non del tutto


Parigi – Non sarà mai un Trattato che soddisferà tutti, soprattutto coloro che sono affezionati all’inviolabilità della comunicazione digitale, ma qualche passo in avanti è stato fatto dal Consiglio d’Europa per rivedere il primo Trattato internazionale sulla lotta al crimine informatico. Un testo che, nella sua prima stesura, ha suscitato l’indignazione di una grande quantità di utenti e di associazioni che hanno messo in luce tutti i rischi anti-libertari contenuti nel documento.

Il Trattato è un documento pensato per armonizzare le diverse leggi nazionali nella direzione di una maggiore collaborazione contro il crimine digitale, essenzialmente quello che sfrutta Internet per prosperare. Alcuni dei punti contestati riguardano il fatto che, secondo molti, i poteri delle polizie nazionali verrebbero così estesi oltremodo, che ai provider verrebbe richiesto di tenere un database globale dei dati dei propri utenti associandoli ai loro movimenti online, che si vieterebbe tout-court qualsiasi tecnologia e atto di cracking laddove in alcuni casi questo dovrebbe rientrare nella legalità di rapporti commerciali o di ambienti di studio.

I 41 paesi che partecipano al Consiglio d’Europa stavano per firmare un accordo che, secondo tantissimi, avrebbe dunque potuto significare nuove invasioni nella privacy degli utenti, nuovi limiti alla ricerca informatica e soprattutto alla libera circolazione delle informazioni.

Secondo Peter Csonka, alto funzionario che si occupa delle bozze del Trattato, il Consiglio d’Europa ha già iniziato a lavorare sulle numerose segnalazioni e proteste giunte in questi giorni per rendere il documento “più comprensibile”. Secondo Csonka “non c’è mai stata l’intenzione di avere un effetto negativo sulla libera circolazione dell’informazione e delle idee”.

Va detto che il Consiglio d’Europa sembra più intenzionato a “smussare gli angoli” e a “spiegarsi meglio” che rivedere interamente il trattato. Tanto che, secondo Csonka, c’è stato un misunderstanding a cui occorre riprare: “Siamo stati colpiti dal fervore di certi commenti che ci sono giunti. Non vogliamo passare un testo che vada contro la gente. Abbiamo imparato che dobbiamo spiegarci con un linguaggio più chiaro, perché i termini giuridici a volte non sono facilmente comprensibili”.

La bozza del nuovo testo indica più chiaramente che il cracking dei sistemi informatici per ragioni di testing rimane legale, che ai provider non viene chiesto di archiviare tutti i dati ma solo quelli relativi ai sospettati individuati dalla polizia, che non viene aumentato a dismisura il potere delle polizie nazionali e che rimangono in vigore tutte le misure a garanzia del diritto di chi è coinvolto in una inchiesta di polizia.

La bozza del nuovo trattato passerà l’ultimo e severo collaudo nel prossimo giugno, quando arriverà definitivamente sui tavoli dei membri del Consiglio d’Europa che dovranno votarlo. Starà poi agli stati membri dell’organismo internazionale ratificarlo entro uno o due anni.

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Pubblicato il
14 nov 2000
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