Interviste/ BSA: vi spiego l'antipirateria

Interviste/ BSA: vi spiego l'antipirateria

Due denunce contro lo spot televisivo che mira alla pirateria del software in Italia, attacchi sulla strategia di comunicazione e sulle intenzioni dietro le diverse campagne: BSA Italia risponde sui nodi centrali della sua attività
Due denunce contro lo spot televisivo che mira alla pirateria del software in Italia, attacchi sulla strategia di comunicazione e sulle intenzioni dietro le diverse campagne: BSA Italia risponde sui nodi centrali della sua attività


Roma – Nei giorni scorsi abbiamo avuto modo di intervistare Paolo Ardemagni, vicepresidente Sud Europa di Symantec e presidente della divisione italiana della Business Software Alliance, l’associazione che raccoglie alcuni dei maggiori produttori di software e che tradizionalmente si occupa di lotta contro la pirateria e la contraffazione del software.

Punto Informatico: “Cosa ne pensa delle reazioni allo spot televisivo diffuso dalla BSA in queste settimane sugli schermi italiani?”
Paolo Ardemagni: “Provo un profondo rammarico perché si tratta di reazioni che non sembrano tenere presente il significato di questa campagna. Avevamo l’opportunità di porgere un messaggio importante in soli 20 secondi di spot. Un tempo ridottissimo nel quale riteniamo però di essere riusciti a dare il messaggio di quel che rappresenta la nuova legge italiana contro la pirateria per il settore del software. Riteniamo di aver raggiunto il 90 per cento dell’audience, compresa la piccola e media impresa, target specifico della nostra campagna”.

PI: “Sì, ma anche se a causa della brevità, in quello spot molti hanno sentito una sentenza di condanna contro qualsiasi genere di copiatura del software, mentre è evidente che vi sono software, come i free, che possono essere copiati liberamente. Oltre alla denuncia all’Autorità di Emmanuele Somma nei giorni scorsi è arrivata anche quella del senatore verde Semenzato. Che ne pensa?”
PA: “Mi sembrano reazioni fuori misura e la nuova legge contiene in sé le risposte a quanto affermato nelle denunce. La legge, che è andata a rafforzare quella del 1993, investe pesantemente tutto il settore del software professionale, che evidentemente è anche il software di cui si occupa la BSA e di cui parla lo spot televisivo. Si tratta dunque di software protetto da questa legge e dalle altre norme sul copyright. E la nuova legge prevede sanzioni ben più severe del passato per chi viola i diritti di un produttore di tecnologia”.

PI: “Vuole dire che solo il software protetto da copyright può definirsi software professionale?”
BSA: “Voglio dire che la BSA protegge i software vendor professionali, ovvero le imprese che producono software venduto in azienda. In effetti come BSA rappresentiamo il 95 per cento del software professionale che circola nelle imprese. E occorre considerare che in Italia il 44 per cento degli utenti acquista o si procura e utilizza software pirata, cioè software che viene distribuito illegalmente e la cui diffusione rappresenta una perdita importante per i produttori. Un fenomeno che la BSA combatte, anche tramite lo spot di queste settimane”.

PI: “Come giudica la legge antipirateria, che pure BSA ha fortemente voluto?”
PA: “Per quanto riguarda il software, e la maggiore protezione che offre per i diritti dei produttori, la legge è un’ottima legge, che rafforza questi diritti. Ma ci sono aspetti della legge, come alcune delle misure a tutela del diritto d’autore e del rapporto tra mercato e SIAE, che come BSA abbiamo pubblicamente criticato”.

PI: “Rimanendo su quel 44 per cento di software pirata in circolazione in Italia, come fa la BSA a stabilire che si tratta di perdite? Mi spiego: siete sicuri che chi oggi compra a prezzi ridicoli un software pirata lo comprerebbe ugualmente se il prezzo fosse quello di listino?”
PA: “Credo che la questione vada rovesciata. Se il software pirata non esistesse, quali dati possono indicare che il software che oggi viene comprato a quei prezzi ridicoli non venga invece acquistato a prezzi di listino essendo comunque necessario all’attività di impresa? E ‘ probabile che la percentuale di coloro che in ogni caso rifiuterebbero il software legale, sarebbe immensamente inferiore rispetto a quella di chi oggi si rifornisce di software contraffatto”.

PI: “Come accade negli USA?”
PA: “C’è una differenza culturale. Negli Stati Uniti la percentuale di software pirata si situa intorno al 20 per cento del totale. In Italia c’è una cultura diversa, non si è affermata, non ancora almeno, la cultura del diritto legato alla proprietà intellettuale, né quella del rispetto per la produzione industriale. Eppure è essenziale, perché per sviluppare e produrre quei software che oggi in molti si procurano gratuitamente o quasi, le aziende spendono molto, moltissimo, in ricerca e sviluppo, una spesa che può essere finanziata solo dalla vendita di quei programmi a prezzi di listino”.

Intervista a cura di Paolo De Andreis

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Pubblicato il
21 nov 2000
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