Roma – Non si placano le polemiche sui videogiochi accese nei giorni scorsi dall’Osservatorio della terza età. In queste ore pressoché tutti ritengono di dover dire la loro. A cercare di porre un argine alle tentazioni censorie ci ha provato ATARI, storico nome del mondo videoludico.
L’azienda sostiene che sono i genitori a doversi occupare della questione videogame e ha presentato una sorta di decalogo del buon senso dedicato proprio a loro:
1. leggere le indicazioni sul tipo di gioco poste sulla confezione
2. verificare l’età minima per la quale il game viene suggerito
3. non consentire l’uso delle console videoludiche nelle camere dei più piccoli ma solo in soggiorno, in modo da giocare con i figli e controllare meglio le loro attività
4. porre dei limiti orari all’uso dei videogiochi, che non dovrebbero mai essere accesi al mattino presto o dopo le 22
5. sdrammatizzare la competizione videoludica facendo accettare le sconfitte
6. non consentire ai figli di mangiare davanti alla console
Il decalogo ATARI fa parte di un sistema di autocertificazione dei giochi per bambini nato sulla scorta del fenomeno Bayblade. Si tratta di una scheda di autocertificazione costruita assieme agli esperti di Osservatorio Kids.
A dir la sua ci ha pensato ieri anche il Moige, il movimento dei genitori, secondo cui i videogiochi con sesso e violenza devono essere vietati ai minori di 18 anni e contrassegnati da un bollino rosso da porre sulla confezione. Per quelli vietati ai minori di 14 anni il Moige propone un bollino arancione, verde per quelli “per tutti” e giallo per quelli consigliati ai minori di 18 anni ma maggiori di anni 14 (??). Secondo il movimento dei genitori una Commissione di esperti deve valutare i titoli e indicare il bollino. “Faremo appello ai ministri competenti – ha dichiarato Maria Rita Munizzi, presidente del Moige – perchè al più presto vengano prese misure di sicurezza che tutelino i nostri figli dalla vendita di videogiochi non adatti alle loro fasce di età o addirittura pericolosi. Così come dovrebbe essere per la tv, è opportuno che lo stato intervenga per tutelare i minorenni dai videogiochi nocivi”.
Ma ieri è intervenuta anche Magda Brienza , presidente del Tribunale per i minori di Roma, che non ha un’alta opinione dei videogiochi e che ritiene vadano vietati ai minori. “Sicuramente – ha dichiarato – non sono strumenti educativi, anzi sono fortemente diseducativi e vanno vietati ai minorenni, ma sugli strumenti per proteggere i più piccoli è tutto da discutere”. Allo stesso tempo, però, Brienza si è appellata ai genitori per far opera di educazione sottolineando poi che vietare la circolazione dei giochi sarebbe controproducente. “Temo – ha dichiarato – uno stato di polizia , non va bene mettere troppi limiti. Si potrebbe fare come con le riviste pornografiche , che sono vendute solo agli adulti in contenitori di cellophane dai quali non traspare il contenuto”.
Sulla questione si è rifatto vivo ieri Michele Bonatesta, membro del direttivo di Alleanza Nazionale nonché della Commissione di vigilanza sulla RAI, secondo cui da un lato non ci si può sostituire alla famiglia nell’educare i più giovani ma dall’altro non si può abbandonare la famiglia a se stessa . “Di questi tempi – ha affermato – il sistema di vita e l’organizzazione sociale impediscono ai genitori di seguire i figli come dovrebbero e come vorrebbero. Pertanto, non possiamo lavarcene le mani e scaricare tutto sulle spalle dei genitori, la famiglia non puo’ essere abbandonata a se stessa, lasciata sola a difendere i propri figli da quei passatempi e da quei divertimenti, come i videogiochi, che troppo spesso diventano dei nemici. Dunque, è necessario ed urgente anche l’intervento dello Stato, delle leggi e della magistratura”.
In una interrogazione al presidente del Consiglio, Bonatesta chiede “l’assoluto divieto di vendita , almeno ai minori di 18 anni, dei videogiochi violenti e sessualmente inadatti”. In un esposto alla magistratura Bonatesta ha reiterato l’ipotesi che la vendita di certi prodotti possa configurarsi come istigazione a delinquere e ha chiesto, se i giudici la penseranno allo stesso modo, il sequestro dei titoli “su tutto il territorio nazionale”.