Censura della rete, crisi in Cina?

Censura della rete, crisi in Cina?

Per la prima volta decine di accademici e professori si uniscono ad altre decine di avvocati e artisti in un appello al Governo contro i recenti arresti. Si incrina l'ostentata sicurezza del regime pechinese
Per la prima volta decine di accademici e professori si uniscono ad altre decine di avvocati e artisti in un appello al Governo contro i recenti arresti. Si incrina l'ostentata sicurezza del regime pechinese

Roma – Sarebbe ingenuo pensare che tutto possa cambiare in un giorno o in un mese ma solleva enorme attenzione il fatto che contro le censure cinesi alla libera espressione in rete stia maturando nella stessa Cina un dissenso che va ben oltre quello da sempre dimostrato dagli studenti filodemocratici. Non accadeva davvero da molto tempo che al Governo pechinese venisse recapitato un appello di decine e decine di nomi notissimi della società e della cultura cinese, un appello che chiede l’immediata cessazione di un internet crackdown pesantissimo ai danni della libertà di parola.

Nelle scorse ore un nutrito gruppo di più di 40 professori e accademici ha aggiunto le proprie firme e la propria autorevolezza ai quasi 60 artisti, avvocati e altri scienziati che nei giorni scorsi hanno inviato una lettera aperta a Wen Jiabao , il premier pechinese.

Nella lettera si bollano come “assurdi” e “illegali” i ripetuti recenti arresti che nelle ultime cinque settimane hanno visto letteralmente sparire dalle loro abitazioni nove persone, perlopiù giovani studenti che hanno detto quello che pensavano su internet. Le critiche al governo sono come noto prese estremamente sul serio dal regime e, a parte qualche caso fortunato, ai dissidenti non vengono risparmiati lunghi anni di galera.

Wen Jiabao Il governo di Pechino si è reso conto negli anni scorsi, non senza una certa lungimiranza, che la crescita economica del paese era legata a doppio filo con lo sviluppo dell’informatizzazione e di internet. Ma ha tentato in ogni modo, fin qui, di limitarne il libero uso, temendo che la rete potesse (possa?) trasformarsi in un veicolo di dissenso. Per le sue attività di censura, il governo cinese è stato più volte accusato dagli osservatori internazionali.

Oggi in Cina si stimano che siano attivi quasi 70 milioni di utenti , molti dei quali si connettono da postazioni pubbliche, la maggioranza dei quali è al di sotto dei 35 anni. Persone che spesso, troppo spesso secondo i gerarchi del Partito comunista popolare, usano internet per dichiarare le proprie perplessità o la propria opposizione alle politiche di Stato. La notevole capacità di monitoraggio della rete consente alle autorità di perseguire i casi più eclatanti, ma la loro moltiplicazione inizia a rendere le cose ben difficili. Da qualche settimana è evidente che non ci sono solo le pressioni internazionali a creare problemi al regime ma anche forti pulsioni intestine.

Nonostante tutto questo, per il momento le autorità cinesi preferiscono tacere. All’annuncio della lettera ha risposto finora il ministro degli Esteri che, attraverso un portavoce, ha fatto sapere che “tutte le azioni intraprese dalle autorità in Cina hanno seguìto le leggi cinesi”. Non sembra dunque esserci per ora spazio per un dibattito sulla questione con il patrocinio del Governo. Ma, dopo la lettera firmata da così tanti nomi di primo piano, qualcuno ritiene che la Cina del WTO, del nuovo mercato e della crescita economica non potrà ancora trascurare a lungo le istanze riformatrici e democratiche che si agitano al suo interno.

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Pubblicato il
10 nov 2003
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