Roma – Non è passata inosservata la Risoluzione 180 voluta dal governo cubano, quella che limita gravemente la possibilità di collegarsi ad internet da parte del popolo cubano. Non è passata inosservata sui media e, naturalmente, neppure in Amnesty International , associazione che da decenni preme per il rispetto dei diritti umani nell’isola dominata da Fidel Castro e dai suoi amici.
“Le nuove misure – si legge in una nota diffusa dalla divisione britannica di Amnesty – puntano a limitare e impedire l’uso non autorizzato di internet, costituendo così un altro tentativo di tagliare l’accesso dei cubani a punti di vista alternativi e allo spazio necessario per discuterli”.
Come si ricorderà, la Risoluzione 180 impone ai provider, peraltro già strettamente controllati da L’Avana, un monitoraggio ancora più pesante sull’uso che viene fatto dei propri network, al fine di ostacolare coloro che sfruttano accessi internet comprati al mercato nero per riuscire ad arrivare sulla rete mondiale sfuggendo così alla thought police cubana.
“Questa decisione – spiega Amnesty – che arriva dopo il processo dell’anno scorso a 75 attivisti colpevoli di aver espresso pacificamente le proprie opinioni, dà alle autorità un altro meccanismo per reprimere il dissenso e punire chi osa criticare”.
“Amnesty – continua l’associazione – ritiene che le nuove misure siano state implementate per impedire il monitoraggio sui diritti umani riducendo il flusso di informazione che proviene da Cuba. Le autorità cubane devono liberarsi di queste chiusure illegittime contro la libertà di espressione e di informazione e devono una volta e per tutte armonizzare le proprie legislazioni con quelle internazionali in materia di diritti umani”.