Data retention, altro che privacy

Data retention, altro che privacy

Interviene ALCEI: la registrazione dei dati di traffico telefonico ed internet va ben al di là della privacy e determina un neo lombrosismo ambiguo che mette a rischio le libertà di tutti. Ecco perché
Interviene ALCEI: la registrazione dei dati di traffico telefonico ed internet va ben al di là della privacy e determina un neo lombrosismo ambiguo che mette a rischio le libertà di tutti. Ecco perché


Roma – Non c’è solo la privacy in ballo quando si parla di data retention . Questo il messaggio che ALCEI , la storica associazione italiana per le libertà digitali, sta diffondendo in queste ore, le più calde del dibattito sulla conservazione dei dati di traffico internet e telefonico prevista da un decreto governativo approvato alla vigilia di Natale .

“I difetti del decreto legge italiano sulla “data retention” erano stati segnalati da ALCEI nel suo comunicato del 23 dicembre 2003 – spiega l’Associazione in una nota – e hanno poi dato luogo a dibattiti e polemiche, anche in ambito internazionale, per problemi di privacy . Ma il tema ha implicazioni molto più ampie”.

In particolare, come dettagliato in un nuovo approfondimento di ALCEI , secondo l’Associazione ciò a cui stiamo assistendo è il consolidarsi di una tendenza nella quale si trasforma “il criterio di responsabilità da sanzione degli effetti di un comportamento a punizione di uno status considerato a priori come colpevole”.

Anche la proposta di conversione in legge del decreto , dunque, pur con i suoi ritocchi al decreto originale non risolve, secondo ALCEI, un problema sostanziale. “Il concetto di prevenzione – spiega l’Associazione – si trasforma in sanzione arbitraria contro categorie, reali o immaginarie, di presunti trasgressori . E’ evidente che queste definizioni, approssimate e arbitrarie, permettono a chiunque abbia poteri di controllo e sanzione di perseguitare, con un varietà di pretesti, chiunque sia sgradito, dissenziente o scomodo”.

In sostanza, dunque, la “data retention, con criteri arbitrari di analisi e classificazione dei contenuti, consente di creare tanti modelli comportamentali quante sono le necessità di chi indaga – come di chiunque, per qualsiasi motivo, ha accesso ai dati. Aprendo così la strada a indiscriminate schedature di massa”.

“Si sviluppano indagini e processi e altre forme di persecuzione – insiste ALCEI – contro identità virtuali che possono facilmente essere create ad hoc secondo ogni sorta di pregiudizi o di intenzioni persecutorie. E’ una forma di neo lombrosismo che permette di creare ad libitum categorie di presunti criminali tendenziali o tipologie predisposte . Una specie di pogrom istituzionalizzato e occulto, senza neppure la visibilità di un pregiudizio etnico o culturale pubblicamente dichiarato”.

Attenzione, dunque, afferma ALCEI, perché la difesa dei diritti civili e delle libertà individuali non riguarda solo la “privacy” . “E – conclude l’Associazione – va molto oltre il caso specifico di questo mal concepito decreto legge, solo un episodio in una serie che tende continuamente a peggiorare”.

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Pubblicato il
27 gen 2004
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