Roma – Breve premessa
Nei giorni scorsi ho avuto modo di leggere, su PI, l’articolo di Massimo Mantellini dedicato al fenomeno dei dialer, descritti, senza mezzi termini, come una piccola vergogna italiana al pari di quanto magistratura e Guardia di Finanza contestano a Wanna Marchi. In effetti, tale forma di business è ormai diffusissima e, sul punto, vorrei dire la mia anche in termini giuridici.
La crisi dell’advertising “tradizionale”
E’ curioso dover usare il termine “tradizionale” con riferimento ad una realtà relativamente recente (nella sua diffusione commerciale italiana) come Internet. Ma questi pochi anni valgono sicuramente molto di più dei “semplici” cicli terrestri.
Che la pubblicità mediante banner “normali” (semplicemente linkati a questo o a quell’altro sito) sia ormai in picchiata è cosa nota. Parimenti, che l’era del “tutto gratis” sia finita da tempo è ormai sotto gli occhi di tutti.
Troppi investimenti “sballati” (forse anche “consapevolmente sballati”), poca conoscenza del mezzo (e del suo potenziale commerciale), troppa euforia al di là dell’essenza della Rete che è la mera (?) e libera condivisione globale delle risorse umane.
Non so se i dialer siano un’invenzione di casa nostra, ma ne hanno tutta l’aria, spesso a cavallo tra genialità e raggiro altrui. Sta di fatto che, piaccia o meno ai puristi della telematica, si tratta dell’ultima frontiera dell’e-business (pur di basso profilo), di un mezzo che pare possa aiutare i webmaster a mantenere i propri siti.
Non penso che, ormai, abbia molto senso domandarci se tutto ciò è etico o meno. Quello che stupisce, per la verità, è la diffusione anche su grandi portali, evidentemente incapaci di fornire contenuti seri ed apprezzabili e che, al contrario, preferiscono scegliere la comoda via dei dialer alla faccia, sovente, degli utenti sprovveduti.
Per una cultura telematica
Non è sempre corretto, a mio avviso, criticare coloro cui il primo pensiero della mattina è quello di cambiare logo, suoneria, sfondo, skin o pornostar preferita. Dire che se lo meritano è una tentazione cui anch’io ho faticato a resistere. E’, però, pur sempre una questione di interessi, di hobby, dunque profilo squisitamente personale, non opinabile.
Ciò non toglie che, se mi fermassi qui, il mio approccio risulterebbe gravemente semplicistico.
E’ certo che questo nuovo veicolo pubblicitario fa leva anche sulla scarsissima cultura telematica italiana. Nel nostro Paese si fa di tutto per “informatizzare” la famiglia italiana media sommergendola di scatole grigie da “attaccare al telefono”, ma, al tempo stesso, la si lascia completamente allo sbando appena connessa, alla mercé dei soliti furbi che, invece, conoscono fin troppo bene il mezzo.
E’ compito dello Stato promuovere una vera cultura telematica, rendere, quanto meno, capace l’italiano che può avere anche il lecito desiderio di avere il logo all’ultimo grido di non farsi raggirare e, soprattutto, di conoscere in anticipo cosa realmente sta facendo e a quale prezzo.
In più – e penso si tratti di una considerazione largamente condivisibile – lo Stato dovrebbe assumere un atteggiamento più responsabile sui numeri ad addebito ripartito senza voltarsi letteralmente dall’altra parte lasciando il tutto alla gestione spesso spregiudicata delle compagni telefoniche.
Alcune considerazioni giuridiche
C’è dialer e dialer, questo va detto, quanto meno per onestà. Premettendo che, personalmente, non ho simpatia per questo genere di iniziative (come per le chiamate voce sugli stessi numeri ad addebito ripartito), penso si possano delineare, fondamentalmente, quattro diversi tipi di “strategia”:
1) dialer con avvisi circa l’installazione dello stesso, del costo della chiamata nonché della durata massima;
2) dialer con indicazioni incomplete;
3) dialer autoinstallanti senza avvisi;
4) dialer autoinstallanti, senza avvisi e non terminabili con le procedure standard dei sistemi operativi o con procedure rese inefficaci o alterate (ad esempio, OK sul bottone Annulla).
In Italia, devo riconoscere che alcuni fornitori si stanno muovendo verso la tipologia 1) anche se, non di rado, si pretende l’accettazione “via clic” di condizioni generali sostanzialmente irreperibili. Di certo, la massima trasparenza può dissuadere gli utenti, ma si tratta, a mio modo di vedere, dell’unica via legalmente percorribile.
Ma i più diffusi sembrano, purtroppo, essere quelli ove le indicazioni sono frammentarie, spesso ridotte ai minimi termini. Bandita ogni considerazione circa una possibile (quanto difficilmente sostenibile) “buona fede”, si tratta, evidentemente, di un efficace sistema per limitare al massimo ogni ripensamento all’ultimo minuto da parte dell’utente. Ecco perché un servizio di tal genere, ben poco trasparente, può essere inquadrato nella previsione dell’art. 640 c.p. (truffa) che prevede, come elementi costitutivi, l’artificio o il raggiro e l’induzione in errore dell’utente (anche il silenzio su circostanze rilevanti può costituire condotta fraudolenta).
Le ultime due tipologie (nn. 3 e 4) sono meno comuni, ma sicuramente più subdole comportando non tanto un inganno dell’essere umano che crede di essere connesso al costo di una telefonata urbana, quanto un’alterazione della macchina letteralmente reimpostata (spesso in quasi perfetto background) per lo sgancio e la riconnessione ad un numero dai costi “non ordinari”.
Entra, così, in gioco il reato di frode informatica (art. 640-ter c.p.) che, tra le diverse condotte, punisce l’alterazione del funzionamento di un sistema informatico o telematico per il raggiungimento di un profitto o per la causazione di un danno.
D’altro canto, l’utente in grado di fermare tale alterazione non deve essere soltanto scaltro, ma informaticamente competente e, possibilmente, dotato di una connessione non dial-up nonché di un firewall che blocchi (o, almeno, segnali) accessi non autorizzati alla Rete. Insomma, una mosca bianca…
Ricordo, infine, che la Direttiva UE 31/2000 sul commercio elettronico (secondo alcuni studiosi già parzialmente in vigore) impone determinate indicazioni sull’identità dei prestatori di servizi anche telematici (oltre ad una serie di precisi adempimenti). Ciò, a mio modo di vedere, decimerà gli operatori di questo settore. Molti sono consapevoli del rischio giudiziario delle loro iniziative e non verranno così facilmente allo scoperto.
Conclusioni
Ha ragione chi dice che non si può fare di tutta l’erba un fascio. Come detto prima, c’è dialer e dialer, ma, guarda caso, troppo spesso ci si trova di fronte a casi concreti realmente al limite della legalità (se non oltre, come scritto nel forum).
Quanto alle considerazioni etiche e commerciali – al di là di quanto vale, secondo me, sul fronte giuridico – lasciatemi sottoscrivere ogni parola di Mantellini senza, per questo, sentirmi un moralista se penso, tra gli altri, anche ai minorenni, certamente tra i maggiori consumatori di logotipi, suonerie, sfondi, skin e pornografia telematica.
avv. Daniele Minotti – Genova
Studio Minotti