Silicon Valley continua a deprimersi

Silicon Valley continua a deprimersi

Alla fine del tunnel c'è un altro tunnel: negli Stati Uniti i prossimi mesi saranno parecchio duri. Ai licenziamenti si aggiunge la scarsa propensione a investire da parte dei capitalisti di ventura
Alla fine del tunnel c'è un altro tunnel: negli Stati Uniti i prossimi mesi saranno parecchio duri. Ai licenziamenti si aggiunge la scarsa propensione a investire da parte dei capitalisti di ventura

Il presidente USA Barack Obama ha già avvertito mercati e cittadini: anche nei prossimi mesi la recessione investirà aziende e posti di lavoro, con un continuo susseguirsi di licenziamenti, bancarotte e difficoltà distribuite un po’ in tutti i settori. Anche l’ Information Technology , che ha già cominciato a pagare il prezzo salato della crisi, continuerà a riempire il bollettino di guerra di posti di lavoro tagliati, fondi mancanti e indici economico/finanziari in caduta libera.

I vertici aziendali della Silicon Valley, cuore pulsante dell’economia tecnologica statunitense, si aspettano in larga maggioranza un 2009 peggiore dell’anno precedente: secondo una stima di Silicon Valley Leadership Group , il 74% dei CEO della Valley vedono nero nel quadro complessivo dell’occupazione nella regione, un 18% in più di pessimisti rispetto al 2008.

Il peggioramento delle aspettative si misura anche nel numero di dirigenti che prevedono una crescita o comunque un mantenimento dello status quo per quanto riguarda la forza lavoro, il 40% rispetto all’83% del 2008. Le file di licenziati non accennano a sgonfiarsi, e un’ analisi del quotidiano San Jose Mercury News sostiene che nell’area i posti persi nell’IT sono il 21% del totale nei primi due mesi del 2009. Erano il 13,6% nel dicembre del 2007.

Le aziende della Valley licenziano , magari chiudono e accumulano spazio vuoto per un mercato immobiliare che vede crescere le proprietà disponibili molto più della media nazionale USA. Non stupisce, in questo clima, che anche i capitalisti di ventura abbiano deciso di defilarsi dagli investimenti, con un crollo a picco dei fondi raccolti nel primo quarto del 2009 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Anche Yahoo!, da tempo al centro di un balletto di indiscrezioni, speranze, timori e speculazioni sul destino aziendale e un eventuale futuro accordo con l’ex-nemico Microsoft, si appresterebbe (secondo le solite fonti anonime ma ben informate sui fatti) a usare per l’ennesima volta la forbice, liberandosi di “svariate centinaia di dipendenti”, dice il NY Times , che andrebbero ad aggiungersi ai 2.400 lavoratori già licenziati dal 2008 a oggi.

Nel caso della Internet company di Santa Clara ai licenziamenti dovrebbe seguire anche un nuovo piano di ristrutturazione degli asset societari, l’ennesimo di una lunga serie inanellata prima e dopo la gestione del nuovo CEO Carol Bartz . Il piano, che andrebbe a toccare anche il management di medio livello dell’azienda, porterà Yahoo! a dividersi in due gruppi distinti: vale a dire la divisione product & engineering , guidata dall’attuale CTO Ari Balogh, e la divisione business seguita dal vice-presidente esecutivo Hillary Schneider.

La nuova organizzazione dovrebbe permettere di gestire la società in maniera più unitaria e quindi di renderla più forte anche di fronte alle scelte per il futuro, sempre più impellenti vista la crisi e la continua preponderanza di Google nel mercato del search e dell’advertising: parlando ancora di accordo Microsoft-Yahoo!, l’analista Youssef Squali quantifica in 1,6-2,1 miliardi di dollari il guadagno annuo totale (inclusi riduzione dei costi e ricavi) per Yahoo! generato da una partnership forte tra le due società.

In tale partnership si esclude a ogni modo che Yahoo! ceda in maniera definitiva una parte delle sue risorse a Microsoft, quindi niente “vendita” del settore ricerca o cose del genere, ma un accordo paritario che favorisca entrambe e dia più efficacemente battaglia a Google. L’accordo tra pari è uno dei punti fermi della gestione Bartz, una gestione che dopo i primi 100 giorni piace per il decisionismo e il coraggio di affrontare la tempesta davanti al rischio che anche questa volta salti tutto, con le prevedibili conseguenze sul futuro della Internet company di Santa Clara.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
16 apr 2009
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