Singapore, fuorilegge l'odio online

Singapore, fuorilegge l'odio online

Una sentenza destinata ad incidere sul futuro: i giudici della ricca città-stato asiatica condannano al carcere due cittadini, accusati di aver offeso la minoranza musulmana su un forum web
Una sentenza destinata ad incidere sul futuro: i giudici della ricca città-stato asiatica condannano al carcere due cittadini, accusati di aver offeso la minoranza musulmana su un forum web


Singapore – Venti di censura su Singapore, perla della multiculturalità in una regione minata da grandi tensioni sociali. Un tribunale locale ha condannato al carcere due cittadini con l’inedita accusa di fomentare l’odio religioso attraverso una pubblicazione su Internet. I due, entrambi molto giovani, erano finiti in manette lo scorso mese per avere inneggiato alla distruzione della Mecca, città santa della religione islamica.

Un avvenimento veramente insolito nella ricca città-stato asiatica, esempio di convivenza pacifica tra differenti visioni del mondo. I giudici, costretti ad una sentenza esemplare per timore di moti di piazza , non hanno risparmiato una durissima condanna contro il cosiddetto fenomeno dell’ hate speech , nemico strisciante della tolleranza interculturale che trova una pericolosa nicchia su Internet.

“L’ostilità religiosa, etnica e razziale si autoalimenta su qualsiasi mezzo di comunicazione, indipendentemente dalla sua natura”, sostiene il verdetto, “pertanto non deve trovare spazio né su Internet né su altri media, poiché può causare gravi stravolgimenti nella società”. Si tratta di affermazioni pesanti, destinate ad avere ripercussioni sulle già severe regole online di Singapore .

I due condannati, dichiaratisi immediatamente colpevoli per evitare ulteriori complicazioni, sono stati letteralmente immolati dalla pubblica accusa per “mandare un messaggio ben chiaro a tutti gli utenti online che gestiscono blog o scrivono sui forum”, come si legge sulla stampa locale. Non è peraltro la prima volta che Singapore si muove in direzione della censura online per salvaguardare i delicati equilibri sociali. “I giovani devono capire che non si può prendere la questione alla leggera”, continuano i giudici.

Ingabbiare Internet, permettendone l’uso soltanto a cittadini rispettosi alle regole della buona convivenza, rimane – secondo gli osservatori che hanno seguito questo processo – un’utopia incompatibile con le esigenze naturali della libertà d’espressione , da sempre veicolo di libertà e di democrazia. Il mondo online sembra lentamente polarizzarsi in due aree, contraddistinte da differenti approcci nei confronti delle potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione.

Da una parte – si dice ora con insistenza – vi sono i grandi regimi autoritari, come la Cina, dove i canali digitali sono costantemente sotto osservazione: apparati tecnologici e forze dell’ordine filtrano e tagliano, in nome della stabilità sistemica e politica. Dall’altra vi sono le democrazie, sempre più in picchiata verso una pericolosa tendenza che, in nome dell’ordine sociale, vorrebbe paralizzare l'”effervescenza” degli individui.

Quando l’assoluta libertà di parola diventa un’attività clandestina – questa la conclusione degli esperti – la sfera pubblica è condannata a rimanere impreparata, impacciata ed indifesa nell’assorbire e normalizzare qualsiasi tensione proveniente dal basso. L’effervescenza degli individui può diventare certamente offensiva, addirittura deplorevole: la triste realtà è che non può essere cancellata. L’iperproduzione normativa e giuridica, atta a contenere gli “effetti collaterali” (ed inevitabili) della diffusione di Internet, rischia di scatenare una mole di problemi assai più pericolosi. Si vedrà.

Tommaso Lombardi

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Pubblicato il
10 ott 2005
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