Sondare il P2P? Un business

Sondare il P2P? Un business

Andare a caccia di chi scarica illegalmente è prima di tutto un modo per raggranellare denari. Ai detentori dei diritti spetta un magro bottino
Andare a caccia di chi scarica illegalmente è prima di tutto un modo per raggranellare denari. Ai detentori dei diritti spetta un magro bottino

Stanare chi condivide file protetti da copyright, trascinarlo il tribunale e svuotargli il portafogli. Tutto questo è business, secondo quanto divulgato da un gruppo di pressione tedesco che opera negli interessi dei detentori dei diritti. Società come la britannica Davenport-Lyons non agiscono semplicemente nel nome della tutela della creatività: l’obiettivo sarebbe quello di ottenere del denaro da chi viene sorpreso a scaricare musica o film attraverso i network P2P.

L’analisi di DigiRights Solutions (DRS), lo studio tedesco che ha diffuso la presentazione, si basa sui numeri provenienti dagli archivi dei processi a carico degli scaricatori illegali. A chi tenta di svincolarsi dal mercato legale vengono comminate sanzioni che possono superare i 450 euro per ogni singolo file .

Una cifra che sarebbe ben superiore al reale danno provocato alla casa discografica di turno, che per ogni brano dovrebbe incassare circa 60 centesimi. Con questo sistema, invece, ai detentori dei diritti andrebbe il 20 per cento di quanto sfilato dalle tasche degli utenti, mentre il rimanente verrebbe incassato dai vigilantes del copyright.

Secondo TorrentFreak si tratta di un modello di business confezionato non per difendere chi detiene i diritti sull’opera artistica, ma semplicemente per gonfiare il conto in banca di questi investigatori. Nei casi in cui l’utente decide di pagare la multa società del genere incassano poco più di 370 euro a file.

Giorgio Pontico

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Pubblicato il
14 ott 2009
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