Steve Jobs è l’uomo d’affari più influente del mondo. Stracciati Murdoch, Brin e Page di Google, e l’arcirivale di sempre, l’ex CEO di Microsoft Bill Gates. Lo dice la rivista Fortune , che ha stilato una classifica sui 25 businessman “più potenti” scegliendoli in base alla loro capacità di segnare tendenze e introdurre novità nei rispettivi settori.
Non sono bastati gli investimenti di Murdoch , che si è comprato MySpace per una miseria (appena 600 milioni di dollari contro i 15 miliardi di valore stimato per Facebook) e ha anche messo le mani sul Wall Street Journal . Non sono bastati neppure i numeri di Google per piazzare i suoi creatori in cima alla montagna. Certo, nessuna sconfitta è più amara di quella di Gates, relegato al settimo posto dopo l’addio allo scettro di comando di Microsoft.
A premiare Steve è stato il suo eclettismo : prima la nascita di Apple, che con Apple II lanciò l’idea del personal computer. Poi Macintosh , che introdusse l’interfaccia grafica come la si conosce oggi. Poi l’avventura Pixar , che l’ha trasformato nel principale creatore di contenuti per il colosso Disney , di cui è anche divenuto azionista di maggioranza. E infine il ritorno alla Apple, dove con iTunes, iMac e iPod ha riportato in vita l’azienda e cambiato il corso della storia della musica, del cinema, della televisione e dei gadget elettronici.
Oggi Steve Jobs è in grado di fissare l’agenda in ben cinque diversi settori degli affari: computer, cinema, musica, vendite al dettaglio e persino nella telefonia mobile . La sua discesa in campo in ognuno di questi comparti ha costretto la concorrenza a rivedere le proprie strategie se non addirittura ad uniformarsi a quelle dell’ iCEO .
Per Brent Schlender , Jobs è l’unico capace di “coniugare in un unico dispositivo di successo i desideri degli utenti, unendo assieme chip, dischi, plastica e software, e poi promuovendo il risultato con le sue doti da istrione e il suo marchio affascinante”.
Ma soprattutto, spiega Geoff Colvin sulle pagine di Fortune , Jobs è il più illustre rappresentate di una nuova generazione di grandi capi: quelli che non controllano la propria azienda con la forza bruta, ma trasformano le intelligenze dei propri collaboratori nel proprio successo . Non c’è bisogno di spaventare gli avversari con azioni muscolari o acquisizioni selvagge: basta la propria esperienza e i successi accumulati a farlo.
Luca Annunziata