Street View, Google dice no a Berlino

Street View, Google dice no a Berlino

BigG si rifiuta di consegnare le informazioni carpite per sbaglio dalle sue auto occhiute. Sarebbe la stessa legge tedesca sulla privacy ad impedirglielo. Intanto dall'Australia piovono critiche
BigG si rifiuta di consegnare le informazioni carpite per sbaglio dalle sue auto occhiute. Sarebbe la stessa legge tedesca sulla privacy ad impedirglielo. Intanto dall'Australia piovono critiche

Si tratta di dichiarazioni che non sono particolarmente piaciute alle autorità di Berlino: Google pare non essere affatto intenzionata a consegnare le informazioni carpite per sbaglio dalle sue auto. Dati personali, catturati per colpa di un codice software sperimentale finito per qualche imprecisato motivo nelle occhiute car di Street View.

BigG avrebbe quindi bisogno di tempo , per risolvere un problema legale piuttosto spinoso. E l’ultimatum del commissario tedesco per la protezione dei dati Peter Schaar non è stato rispettato, dal momento che sarebbe paradossalmente la stessa legge teutonica sulla privacy ad impedire a Google di consegnare i dati richiesti .

Come infatti spiegato da un portavoce di BigG, la legge tedesca sulla privacy vieterebbe la consegna di informazioni personali, persino ad un’agenzia dello stesso governo . Un rischio che la Grande G non vuole assolutamente correre , con buona pace delle autorità di Berlino. Che hanno invece sottolineato come l’ottenimento dei dati non avrebbe come conseguenza alcun comportamento criminoso da parte dell’azienda di Mountain View.

A questo punto non si conosce ancora quale potrebbe essere il prossimo passo per le autorità tedesche, che avevano già aperto un’inchiesta nei confronti di Google per gli errori con le auto di Street View. BigG si era già rifiutata di consegnare gli hard disk aziendali a Berlino, dicendosi pronta a cancellare i circa 600 GB di dati ottenuti per sbaglio a partire da connessioni WiFi non protette.

Nel frattempo, critiche feroci sono piovute dall’Australia , dove il ministro per le Comunicazioni Stephen Conroy ha definito l’operato di Google una delle più grandi violazioni nell’intera storia della privacy . Parole decise, che si sono inserite sulla scia di rapporti non proprio idilliaci tra BigG e il vasto meccanismo di filtraggio che Conroy sta caldamente sponsorizzando in terra aussie .

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
27 mag 2010
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