Sulla fine degli IP incombe la speculazione

Sulla fine degli IP incombe la speculazione

La disponibilità di numeri IP va esaurendosi e il Registro americano intende accelerare per correre ai ripari. Il rischio è la borsa nera degli IP. Ma ci sono alternative. C'è persino chi spera nel porno
La disponibilità di numeri IP va esaurendosi e il Registro americano intende accelerare per correre ai ripari. Il rischio è la borsa nera degli IP. Ma ci sono alternative. C'è persino chi spera nel porno

Lo spazio di indirizzamento offerto da IPv4 , circa quattro miliardi di indirizzi, sta per esaurirsi: oggi restano liberi solo il 19 percento degli IP , e il Registro Americano per i Numeri Internet ( ARIN ) vuole correre ai ripari al più presto.

L’organizzazione non profit ha quindi elaborato e pubblicato una risoluzione , in cui ARIN propone di prendere “ogni misura necessaria” per garantire che le future assegnazioni di indirizzi IP non siano inquinate da richieste ingannevoli o in malafede , e nel contempo promuovere la migrazione verso il protocollo IPv6 , che garantisce uno spazio sostanzialmente illimitato, di tutti i servizi possibili.

A quanto pare, alcune delle richieste che giungono regolarmente all’organizzazione, responsabile dell’assegnazione degli indirizzi IP nel Nordamerica, sarebbero viziate da dati incompleti o fasulli: nonostante il registro americano sia un’organizzazione senza scopo di lucro, gli interlocutori che si rivolgono all’ARIN (o ai suoi corrispettivi per il Sudamerica , Europa , Africa e Asia ) sembrano farsi spesso pochi scrupoli pur di addentare fette potenzialmente lucrose di spazio di indirizzamento.

Al momento, restano liberi soltanto circa 70 blocchi di indirizzi IPv4 disponibili per l’intero pianeta: le previsioni dicono che, all’attuale tasso di crescita di Internet, entro il 2010 saranno tutti esauriti .

IPv6, grazie ai suoi 16 miliardi di miliardi di indirizzi possibili, risolverebbe il problema e garantirebbe al contempo nuove funzionalità agli utenti: tuttavia il nuovo protocollo stenta ad imporsi , e il numero di risorse attualmente disponibile è di gran lunga inferiore a quanto sarebbe lecito augurarsi.

“A meno che non si prenda qualche iniziativa subito, dovremo affrontare una silenziosa emergenza tecnica ” scrivono Stephen Ryan e Raymond Plzak, figure di spicco di ARIN, in un documento di prossima pubblicazione anticipato da InformationWeek : “Non sarà tanto diversa dal millennium bug , ma senza una data di scadenza fissa e senza l’attenzione del pubblico”.

Il timore è che complesse situazioni legali possano esacerbare la questione: sebbene il Registro americano gestisca severamente l’attribuzione gli indirizzi IP, proteggendoli dalle rivendicazioni dei privati, alcuni blocchi di numeri non sono sotto il controllo dell’istituzione .

Si tratta di quegli indirizzi ottenuti da privati e istituzioni ben prima della nascita di ARIN, durante i primi anni di vita di Internet: non essendo vincolati da alcun contratto o norma, i proprietari di questi IP potrebbero decidere di cederli al migliore offerente dando vita ad una sorta di borsa nera , una speculazione di enormi dimensioni.

Una prospettiva che si rafforzerà se il ritardo accumulato da IPv6 continuerà ad aumentare, con conseguenze imponenti. Ad esempio, una azienda priva di un proprio blocco di IP, garanzia di sbocco e crescita sulla Rete, potrebbe essere ritenuta meno solida di altre. Sarebbe quindi spinta ad investire nell’acquisto di un certo numero di indirizzi IPv4, foraggiando la speculazione.

Un’altra possibilità di contenimento viene vista nell’avvio di un mercato libero ma regolamentato . La proposta viene da Karl Auerbach, ex membro del ICANN nonché celebrato ricercatore e avvocato: secondo Auerbach , che possiede tra l’altro un certo numero di IP, la cessione diretta degli indirizzi sarebbe difficilmente praticabile per ragioni tecniche. L’ipotesi di affittare gli IP appare più praticabile, magari con lo spirito di cooperazione che contraddistingueva gli albori della Rete.

Esistono delle alternative? Uno dei metodi proposti per ovviare alle carenze di IP è l’utilizzo del protocollo NAT ( network address translation ) per creare reti private mascherate dietro un unico indirizzo.

In questo modo si potrebbero realizzare un gran numero di sottoreti, aumentando drasticamente lo spazio di indirizzamento: una tecnica che ha riscosso un buon successo in questi anni, ma che non è esente da un certo numero di complicazioni che ne limitano l’efficacia. Il fattore prestazioni è senz’altro uno degli attori principali, ma non vanno sottovalutate neppure le difficoltà che computer appartenenti a diverse sottoreti incontrano nel tentativo di dialogare direttamente .

La soluzione migliore resta dunque la transizione all’IPv6 . Per promuoverla, il progetto The Great IPv6 Experiment lancia una proposta originale: dieci gigabyte di “intrattenimento per adulti” disponibili solo su rete IPv6 . Chissà se le donnine nude saranno la killer application della rete di nuova generazione.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
23 mag 2007
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