TPP, il copyright che piace agli USA

TPP, il copyright che piace agli USA

Wikileaks pubblica nuove bozze della contrattazione internazionale segreta con cui Washington vorrebbe influenzare le normative nazionali in materia di proprietà intellettuale, dai brevetti alla condivisione di contenuti
Wikileaks pubblica nuove bozze della contrattazione internazionale segreta con cui Washington vorrebbe influenzare le normative nazionali in materia di proprietà intellettuale, dai brevetti alla condivisione di contenuti

Wikileaks ha ottenuto e divulgato nuovi documenti relativi al Trans-Pacific Partnership Agreement ( TPP ), il trattato transnazionale anti-contraffazione considerato il naturale erede dell’Anti-Counterfeiting Trade Agreement ( ACTA ).

Come era evidente dalle precedenti indiscrezioni , nel TPP sembra prevalere un punto di vista a stelle e strisce per la proprietà intellettuale: il settore maggiormente interessato è il diritto d’autore.

Secondo gli ultimi documenti ottenuti, innanzitutto, gli Stati Uniti vorrebbero responsabilità penali per chi viola il diritto d’autore anche nel caso in cui non ci siano ragioni di guadagno economico : un cambiamento non da poco dal momento che farebbe trovare in grossi guai attivisti e netizen che condividano contenuti senza autorizzazione, ma anche senza alcuna intenzione di guadagno. Oltrettutto non sembra essere prevista alcuna eccezione legata all’interesse pubblico, come potrebbe essere la pubblicazione di atti per fini giornalistici. Una modifica che finirebbe per restringere notevolmente la sfera del fair use .

Un’applicazione di questa impostazione attraverso un accordo commerciale bilaterale tra Stati Uniti e Colombia, per esempio , ha già portato all’arresto di uno studente che ha pubblicato senza permesso la tesi di un altro studente.

Washington, inoltre, non vorrebbe solo veder riconosciute dagli altri paesi le previsioni del Digital Millenium Copyright Act (DMCA) tra cui la proibizione degli aggiramento delle misure tecniche di protezione dei contenuti digitali, come i DRM, oppure la possibilità di richiedere la rimozione di un contenuto o l’inibizione all’accesso ad un sito accusato di una violazione senza dover attendere lo svolgimento di un processo, ma vorrebbe altresì che sia gli ISP sia qualsiasi altro soggetto che fornisce servizi Internet siano ritenuti direttamente responsabili delle eventuali violazioni di diritto d’autore perpetrate attraverso gli spazi messi da essi a disposizione : dall’Internet Provider al locale che offre una connessione WiFi, la proposta degli Stati Uniti vorrebbe dunque rendere inestricabile la rete di responsabilità tessuta per proteggere i detentori di diritti d’autore.

Oltre a questo, sembra che l’accordo preveda l’omologazione della durata del diritto d’autore, anche se non si è ancora raggiunto un accordo sul numero preciso: le varie proposte vanno dai 50 anni dopo la morte dell’autore ai 100 (come chiederebbe il Messico), in quest’ultimo caso con grave danno e depauperamento del pubblico dominio a livello globale.

Sul fronte brevettuale, invece, Stati Uniti e Giappone sembrano allineati nel chiedere che non vengano respinte domande di brevetto che abbiano i necessari requisiti di novità, applicazione industrale ed innovazione, nel caso in cui il brevetto richiesto riguardi tecnologie meno efficienti di quelle offerte dallo stato dell’arte.
Si tratta di una questione apparentemente marginale, che però limiterebbe la possibilità da parte degli stati di intepretare il requisito di innovazione e su cui si gioca un recente caso nel quale la multinazionale farmaceutica Eli Lilly ha denunciato il Canada per averle rifiutato diversi titoli di privativa proprio in forza di tale ragione.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
21 ott 2014
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