Uber, volanti dolenti

Uber, volanti dolenti

La California condanna la startup per la mancata regolarizzazione dei suoi autisti. Che, di fatto, si configurano come dei dipendenti
La California condanna la startup per la mancata regolarizzazione dei suoi autisti. Che, di fatto, si configurano come dei dipendenti

Uber è uscita sconfitta dal primo round del processo californiano che la vedeva sul banco degli imputati della California Labor Commission con l’ accusa di non aver regolarizzato l’assunzione dei suoi autisti .

Nonostante Uber sostenesse di essere solo un’app che offre il servizio di intermediazione tra gli utenti e gli autisti volontari , e che questi fossero quindi dei semplici lavoratori indipendenti, come dei fornitori di un servizio – il proprio tempo e la propria vettura – o dei liberi professionisti che vendono la propria prestazione alla guida, è stata accolta la tesi dell’accusa secondo la quale nonostante tali distinguo, gli autisti lavorano come veri e propri dipendenti per la startup ed in quanto tali meritano di essere inquadrati dal punto di vista legale.

Per le stesse ragioni, d’altra parte, sempre la California ha intentato causa nei confronti di Lyft, la startup dedicata al ride-sharing che annovera ora tra i suoi investitori anche il gigante giapponese dell’ecommerce Rakuten, segno che tali procedimenti possono segnare un punto sulla questione giuridica in questione e sull’organizzazione generale dei sistemi di business che si affidano alla condivisione dei mezzi di trasporto.

Oltre a delineare i diritti di tale categoria, la sentenza ha riconosciuto alla signora Barbare Ann Berwick un rimborso di 4.152,20 dollari per le spese e gli altri costi sostenuti nelle circa otto settimane in cui ha lavorato per Uber lo scorso anno .

Secondo il giudice anche se Uber non effettua un vero e proprio controllo sull’orario di lavoro, in diverse situazioni dimostra di comportarsi come un datore di lavoro : motivazioni che potrebbero aprire la strada a possibili procedimenti nelle altre parti del mondo in cui Uber è attiva e per cui le autorità si sono dimostrate pronte a metterle i bastoni tra le ruote, sempre che la decisione californiana venga confermata nei successivi gradi di giudizio.

Uber, infatti, ha già fatto sapere di voler fare ricorso contro la sentenza. D’altra parte finora si è aggiudicata altre cinque cause relative alla definizione dei suoi autisti come dipendenti o meno, ed ora fa notare che la presente sentenza si applica solo ad un singolo lavoratore, la signora Berwick.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
18 giu 2015
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