UK, in dubbio la net neutrality

UK, in dubbio la net neutrality

O2 vuol far pagare le aziende del Web. Così come Vodafone, Telecom e, in parte, Verizon. Cambieranno davvero gli assetti del fare business online?
O2 vuol far pagare le aziende del Web. Così come Vodafone, Telecom e, in parte, Verizon. Cambieranno davvero gli assetti del fare business online?

Nel corso dell’eForum ospitato a Westminster, Ronan Dunne, CEO di O2, ha avanzato la possibilità di far pagare le grandi aziende che operano online, con lo scopo di bilanciare la crescente richiesta di passaggio dati sulla rete (recentemente esplosa trainando in alto i costi per le telco) e il mantenimento dell’efficienza dei network.

“Se pagano solo i consumatori è difficile che i content provider siano incentivati ad un utilizzo efficiente della rete” ha detto il CEO di O2.

Questo, spiega d’altronde, rende insostenibili le offerte flat che subiscono anche gli effetti della sproporzione nei consumi degli singoli utenti, il fatto, cioè, che un piccola porzione della popolazione usi una quantità molto significativa della banda, con conseguenti ricadute anche sugli altri netizen.

Anche se la proposta chiama in causa solo le grandi aziende della Rete (come Skype e YouTube), piazza O2 su posizioni familiari: in Gran Bretagna, per esempio, ne aveva già parlato il CEO di Vodafone Vittorio Colao e lo stesso discorso, in Italia, è stato portato avanti dall’AD di Telecom Franco Bernabé, così come una proposta simile l’ha fatta il presidente del Gruppo L’Espresso Carlo De Benedetti.

Da un lato si parla sempre di superamento della neutralità della rete e della possibilità di far pagare di più per servizi extra (una sorta di “corsia preferenziale”) i fornitori di contenuti interessati, dall’altra di veri e propri balzelli per content provider, al momento tacciati di essere non altro che “free rider” che approfittano, senza contribuirvi, alle risorse di connessione nazionali.

Quando si parla di far pagare i fornitori di contenuto per banda più veloce, il riferimento diretto è alle connessioni mobile: stesso ragionamento portato aventi dalla dibattuta proposta targata Google-Verizon e da una presunta proposta di legge statunitense filtrata online da fonti anonime.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
8 nov 2010
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