Un pensiero come password

Un pensiero come password

Ricercatori statunitensi sperimentano con rivelatori EEG a basso costo per valutare la fattibilità dell'autenticazione basata sul pensiero. E' possibile, dicono, e in futuro sarà quotidianità
Ricercatori statunitensi sperimentano con rivelatori EEG a basso costo per valutare la fattibilità dell'autenticazione basata sul pensiero. E' possibile, dicono, e in futuro sarà quotidianità

Dalla University of California, Berkeley (UCB) arriva la notizia di un nuovo studio nel campo della biometria applicata alla sicurezza informatica, ambito nel quale i ricercatori provano a utilizzare i tratti biologici e fisici individuali per autenticare in maniera univoca l’utente.

A Taiwan ci hanno già provato – riuscendoci – con il battito cardiaco , mentre i ricercatori statunitensi hanno rivolto la loro attenzione alle onde elettromagnetiche prodotte dal cervello: in futuro, promettono dall’UCB, invece che digitare una password si potrà semplicemente “pensare” alla chiave di accesso per essere autenticati a un sistema informatico.

John Chuang – professore della School of Information presso l’UCB – e lo studente di ingegneria elettrica Hamilton Nguyen hanno in particolare utilizzato un caschetto con funzionalità da EEG (elettroencefalogramma) non invasive disponibile in commercio come Neurosky MindSet , un dispositivo (simile a un paio di cuffie acustiche) connesso a un computer tramite Bluetooth e dal costo di circa 100 dollari.

Nella ricerca realizzata da Chuang e Nguyen, il lettore EEG è stato in grado di identificare gli utenti usati nei test con un livello di errore inferiore all’1 per cento: per raggiungere tale risultato è stato necessario usare pattern di pensiero specifici per ogni utente, e ora il prossimo obiettivo sarà identificare tipi di pensieri utilizzabili come password meno problematici e più confortevoli per l’uso comune.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
10 apr 2013
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