USA, alza polvere la condanna per adware

USA, alza polvere la condanna per adware

180solutions finisce prima nel mirino degli utenti, poi della FTC ed infine della giustizia, che la condanna ad una multa per aver sparato pop-up e banner tramite programmini ospitati da altri software
180solutions finisce prima nel mirino degli utenti, poi della FTC ed infine della giustizia, che la condanna ad una multa per aver sparato pop-up e banner tramite programmini ospitati da altri software

180solutions aveva provato a condurre una campagna propagandistica utile a scrollarle di dosso l’ignominia di essere una “indesiderata” che operava grazie ad un modello di business largamente deprecato dagli utenti e (a parole) dall’industria informatica. Ma ora è arrivata la mazzata: l’azienda è responsabile di comportamenti illegittimi nei confronti degli utenti, e dovrà per questo pagare una polposa multa di 3 milioni di dollari.

La Federal Trade Commission americana, agenzia indipendente in seno al governo federale nata nei primi decenni del secolo scorso per salvaguardare l’interesse dei consumatori e difendere il principio di competizione legittima tra le aziende, ha infine vinto la causa intentata contro Zango , come si fa chiamare ora la compagnia nata dalla fusione di 180solutions e Hotbar Inc., condannata dalla corte per aver camuffato la reale natura dei suoi prodotti con pratiche e comportamenti illeciti nei confronti dell’utente finale.

In particolare, secondo il documento ufficiale della FTC , Zango era accusata di “aver reso l’identificazione, l’individuazione e la rimozione del proprio adware estremamente difficili per gli utenti ad esempio usando nomi pensati per confondere gli utenti che ricorrevano al pannello di Rimozione delle Applicazioni di Windows, come Uninstall 180search Assistant ; (…) di non aver reso chiaro all’utente che, in alcune versioni del software, la disabilitazione della visualizzazione dei pop-up pubblicitari non avrebbe disabilitato il monitoraggio e il log dei siti visitati dai consumatori; di aver adottato un programma di disinstallazione che non elimina completamente il software dal sistema; di generare, nel corso di successive installazioni sulla stessa macchina, nomi casuali per il programma in modo da renderne più difficile l’individuazione e la rimozione”.

Zango è una delle compagnie storiche del settore dell’adware e delle pubblicità indesiderate, avendo cominciato la propria attività come dot.com specializzata nel Pay to surf alla fine degli anni novanta, ed è la dimostrazione lampante del fatto che, per quanto largamente stigmatizzato dagli utenti, il suo è un modello di business che paga, eccome se paga : le stime risalenti al 2004 parlano di un capitale di 50 milioni di dollari messi su a suon di banner e click sui messaggi degli inserzionisti.

Uno dei motivi principali del successo degli adware realizzati da Zango è la rete di partnership, società affiliate che offrivano (e tuttora offrono) software apparentemente gratuito ma con all’interno la sorpresina , come certi ovetti di cioccolato tanto amati da grandi e piccini: il fatto che vi fosse un ospite all’interno del software (né più né meno come un simbionte come il caro vecchio Alien ) veniva accuratamente celato all’interno dell’ EULA , la licenza di installazione che la maggioranza degli utenti, nel migliore dei casi, degna di uno sguardo distratto prima di cliccare su “Continua l’installazione”.

FTC stima che nella onorata carriera di 180solutions/Zango ci siano 70 milioni di download di software adware e circa 7 miliardi di pop-up pubblicitari stampati a schermo. Lydia Parnes, direttrice dell’ufficio di FTC preposto alla difesa dei consumatori, ha dichiarato: “I computer dei consumatori sono di loro esclusiva proprietà, ed essi non dovrebbero essere costretti ad accettare alcun contenuto che non sia di loro gradimento. Se gli utenti decidono di voler ricevere i pop-up pubblicitari, ben vengano. Ma è una violazione della legge federale installare segretamente software che obbliga i consumatori a ricevere pop-up che disturbano l’uso abituale del loro computer”.

Certo, si potrebbe obiettare che una multa di soli 3 milioni di dollari (assieme all’obbligo, d’ora in poi, di rendere chiare le operazioni di installazione e rimozione del software adware) per una compagnia da 50 milioni di dollari e oltre, non sia una gran cifra. Ma è comunque un ulteriore episodio positivo nel solco tracciato dalle iniziative già intraprese per combattere la proliferazione selvaggia di programmi-pubblicità.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
6 nov 2006
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