USA, chi protegge le soffiate?

USA, chi protegge le soffiate?

Le autorità hanno tentato di usare trojan per apprendere dettagli su un caso con al centro delle delazioni. I siti che devono raccogliere le soffiate a livello istituzionale, inoltre, non sono sufficientemente sicuri
Le autorità hanno tentato di usare trojan per apprendere dettagli su un caso con al centro delle delazioni. I siti che devono raccogliere le soffiate a livello istituzionale, inoltre, non sono sufficientemente sicuri

Negli Stati Uniti è polemica sulla sicurezza delle soffiate mediate dalla tecnologia: da un lato la polizia sembra essere ricorsa a certe soluzioni tecnologiche per monitorare l’avvocato di tre whisleblower, dall’altro i siti che istituzionalmente devono raccogliere le delazioni sottoposte in via anonima non sembrano essere dotati di sufficienti misure di sicurezza a favore delle proprie fonti.

I fatti relativi al primo caso si sono svolti in Arkansas: l’avvocato Matt Campbell dello studio legale North Little Rock è incaricato di rappresentare alcuni agenti di polizia, ex ed ancora in servizio, che avrebbero agito sulla base del Whistle-Blower Act per denunciare delle pratiche illegali avvenute nel proprio dipartimento. Secondo quanto riferisce Campbell, nell’hard disk esterno che aveva fornito alle forze dell’ordine per ottenere i dati richiesti per sostenere la sua tesi, oltre a questi sarebbe stata caricata una sottocartella contenente tre trojan, sufficienti ad aprire una backdoor e permettere ad un altro computer un accesso da remoto: Win32:Zbot-AVH , due tipi di Win32Cycbot-NF e NSIS:Downloader-CC avrebbero consentito di accedere al suo computer, prenderne il controllo, installare applicazioni e appropriarsi delle sue password.
Secondo Campbell essi non sono stati caricati per sbaglio in quanto il sistema informatico del Dipartimento di Polizia opera costantemente scansioni antivirus.

I whistleblower statunitensi non hanno dunque vita facile: oltre al peculiare caso dell’avvocato Campbell, a testimoniarlo c’è uno studio che coinvolge le piattaforme a cui i cittadini possono affidare le proprie segnalazioni anonime. Almeno 29 di questi, secondo la denuncia di American Civil Liberties Union non sarebbero protetti nemmeno da HTTPS , non potendo così assicurare alcuna sicurezza.

Si tratta di una questione grave, dal momento che spesso l’anonimato offerto da tali piattaforme è una motivazione fondamentale per gli autori di tali soffiate e per dare il coraggio necessario alle fonti per farsi avanti: anche le Nazioni Unite sono intervenute per chiedere che tali sistemi assicurino un elevato ed opportuno grado di sicurezza ai propri utenti.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
20 apr 2015
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