Windows 10, Microsoft paga per l'upgrade indesiderato

Windows 10, Microsoft paga per l'upgrade indesiderato

Redmond sborsa denari per concludere la causa intentata da un'utente che si è trovata Windows 10 sul PC senza averlo richiesto. Class action in vista?
Redmond sborsa denari per concludere la causa intentata da un'utente che si è trovata Windows 10 sul PC senza averlo richiesto. Class action in vista?

La tanto dibattuta strategia degli aggiornamenti “consigliati” o comunque forzosi a Windows 10 ha prodotto il suo primo risultato legale, vale a dire il pagamento di un risarcimento con cui Microsoft ha preferito chiudere una causa intentata da un’utente molto poco soddisfatta dell’esperienza informatica seguita all’upgrade.

L’utente in questione è un’agente di commercio con residenza a Sausalito, in California, che dopo essersi ritrovata Windows 10 sul PC ha deciso di denunciare la corporation di Redmond: la donna sostiene di non aver mai autorizzato l’upgrade , e una volta “subito” l’aggiornamento il sistema è diventato instabile.

Piuttosto che andare fino in fondo con tutti i gradi di giudizio disponibili, Microsoft ha preferito fermarsi al primo grado pagando 10.000 dollari all’utente insoddisfatta: la decisione è stata presa per ridurre al minimo le spese legali derivanti dal dibattimento della causa, ha confermato la corporation .

Quale che fosse l’intenzione di Redmond, il pagamento all’utente californiana potrebbe essere solo l’inizio: ora che la notizia della causa anti-Windows 10 è diventata di dominio internazionale, ben più di un singolo utente potrebbe chiamare Microsoft in tribunale a rispondere delle conseguenze della strategia con cui l’azienda ha deciso di imporre il sistema operativo agli utenti.

Al momento Windows 10 è ancora proposto come aggiornamento “consigliato” per chi già usa Windows 7 e 8.x, come se fosse una patch qualsiasi e non un OS completo e potenzialmente incompatibile con l’hardware e il software dell’utente; l’offerta terminerà il prossimo 29 luglio, e a quel punto la spinta all’upgrade forzato dovrebbe esaurirsi – almeno fuori dai tribunali.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
28 giu 2016
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