Roma – Ci sono delle notizie che per quanto ben riferite dalla stampa e dagli analisti meritano di essere riprese, sfoltite e ridotte all’osso in modo da rendere evidente il nocciolo della questione. Mi riferisco alla censura dei casinò online, richiesta dai Monopoli di Stato ed attuata, per la prima volta in Italia, tramite filtraggio degli indirizzi IP presso i provider ed i Mix.
Sia il direttore Paolo De Andreis che Vittorio Bertola hanno già trattato esaurientemente l’argomento in due recenti articoli ( qui e qui ). Ed allora cosa rimane da dire ? E’ solo un episodio di censura sul web, simile a cento altri sequestri di siti già avvenuti, che non hanno poi fatto grandi danni alla Rete nel suo complesso.
Se la frase precedente vi vede d’accordo, allora c’è bisogno di questo articolo.
Infatti l’episodio è di una gravità inaudita proprio per la nuova modalità tecnica con cui è stato attuato, nel giro di pochi giorni. Facciamo un passo indietro.
Il sequestro, ma vorrei chiamarla con il suo vero nome, la censura di un sito, si esegue solitamente in due modi:
1) con un raid diretto sul server web che ospita le pagine (si potrebbe chiamarla “censura http”)
2) con un’alterazione del protocollo DNS, che ridirige un certo nome di dominio non sul server che ospita il sito con quel nome, ma su un’altro che ospita una pagina di annuncio del sequestro. In alternativa, lo stesso metodo puo’ essere usato per generare un bel “404 – Page not found” e ti saluto. Potremmo chiamare questo secondo metodo “Censura DNS”.
Nel caso dei Casino’ Online siamo invece di fronte ad un terzo metodo: “Censura IP”. Infatti la rimozione dei Casino’ Online è impossibile col primo metodo, essendo questi allocati su server offshore, non facilmente raggiungibili con provvedimenti legali o rogatorie internazionali. Neppure il secondo metodo è efficace; infatti i siti in questione sono su domini offshore; è quindi praticamente impossibile alterare o far rimuovere il record DNS dal gestore del Top Level Domain competente.
Allora alcuni brillanti ingegni nostrani, ispirandosi ai famigerati e vituperati censori telematici cinesi che stanno facendo da anni la stessa cosa, hanno deciso di costringere gli Internet Service Provider nostrani ad attrezzarsi in modo da poter filtrare gli IP di una blacklist di IP gestita (per ora) dalla magistratura, ed impedirne l’accesso agli utenti italiani che di questi ISP si devono servire per connettersi alla Rete.
E’ chiaro adesso? Alterano e sovvertono la struttura di base, la più intima, della Rete per ottenere l’effetto che desiderano. Scardinano una struttura evolutasi in 30 anni di storia e di cui il mondo intero beneficia, per questioni di importanza minimale. Non sono stati nemmeno scomodati i soliti pornopedofili, sempre sbandierati in queste occasioni, per giustificare le iniziative tecnico-legali più perverse e liberticide, ma solo semplici truffatori di persone consenzienti od incapaci.
E per questo i suddetti brillanti ingegni nostrani sono disposti a far polpette della struttura della parte italiana della Rete. Ma lo scopo di rimuovere le macchinette mangiasoldi dai bar non è stato perseguito con lo stesso dispiegamento di forze e la stessa efficacia. Forse che i polli che si fanno spennare lì sono di meno? Preoccupano di meno di quelli che si fanno spennare online? O forse in realtà non è questo lo scopo?
Verrebbe da pensare all’ennesima prova della scarsa intelligenza di istituzioni italiane quando ci sono di mezzo questioni tecnologiche; dopotutto ci portiamo ancora dietro il peccato originale crociano, declinato per decenni dal nostro sistema scolastico.
Purtroppo non credo che le cose stiano così. La situazione è molto, molto peggiore. Con un elementare esercizio di paranoia di tipo andreottiano, ritengo sia evidente che non di stupidità di tratta (è vero che contro la stupidità neanche gli dei possono niente) ma di un atto calcolato, accuratamente progettato, ed astutamente messo in pratica per realizzare un altro importante tassello della struttura di tecnocontrollo pervasivo della Rete.
Si tratta insomma, per riassumere in un’unica frase, di un importante vittoria per il Grande Fratello nostrano, che è riuscito a raggiungere il suo collega cinese senza che quasi nessuno dei nostri masstecnicomediologi se ne accorgesse e si stracciasse le vesti.
Evito di gridare ulteriormente allo scandalo, perchè sono convinto che non ci saranno proteste di rilievo. La frittata è fatta; GF contro libertà 1 a 0 e palla al centro.
Giusto una nota per indicare (con una certa soddisfazione) una scappatoia, banale per gli addetti ai lavori ma meritevole di una sottolineatura; accedere agli indirizzi “proibiti” è comunque possibile appoggiandosi ad un host posto all’estero. Il semplice utilizzo di un proxy anonimo o meglio ancora di Tor (questione di pochi secondi utilizzando ad esempio l’applicativo TorPark), restituisce questa libertà, almeno ai tecnofili.
Ma questa scappatoia non deve far cantare vittoria; malgrado tutto si tratta di una battaglia persa, anche se conferma nuovamente come l’uso di tecnologie per la privacy e l’anonimato sia l’unica possibilità per mantenere gli spazi di libertà che la Rete ci garantiva.
Ci stanno spingendo tutti nelle Darknet ; sarà necessario lavorare duramente per crearle e mantenerle in vita, ma sembrano essere l’unica risposta possibile a breve e medio termine.
A lungo termine invece la soluzione deve essere politica, e qui son dolori. In ambo i Poli, sia negli atti di quello al governo, sia nel programma recentemente pubblicato di quello all’opposizione, non si vede niente di buono. Azioni e proposte liberticide, condite da generiche istanze di preservazione delle libertà di connessione a larga banda. Nessuna illusione, non è che non capiscono la tecnologia e le istanze di libertà, solo che capiscono molto meglio le azioni di lobby.
Mettiamo i nostri politici in condizione di sperimentare che non sono le lobby a votarli, ma i cittadini. Come avveniva nel film “Quinto Potere”, affacciamoci alle nostre finestre elettorali e gridiamo “Sono inc….to nero, e tutto questo non lo permettero’ più”. Speriamo solo che poi non ci mitraglino.
Marco Calamari
I precedenti interventi di M.C. sono disponibili qui