A breve distanza dalla clamorosa decisione del Garante della Privacy italiano arriva una decisione di altrettanta importanza per gli utenti Internet dalla Corte Costituzionale tedesca. Questa ha infatti prescritto che le investigazioni sistematiche portate avanti sulle reti di sharing dalle major debbano essere fermate .
Una posizione, quella espressa dai magistrati della Prima Sezione della Corte (più sotto nella foto), che nasce da una class action intentata contro le leggi sulla data retention da decine di migliaia di utenti tedeschi, sostenuti da esponenti politici e associazioni culturali. Come in Italia, anche in Germania è stata recepita la direttiva europea che determina una espansione notevolissima dei poteri di monitoraggio delle comunicazioni (e dunque di intercettazione ) da parte delle polizia. Ed emerge dal fatto che oggi in Germania le violazioni al diritto d’autore ricadano nell’orbita dei crimini penalmente rilevanti, cosa che costringe gli Internet Service Provider a fornire a tamburo battente alle major, non appena viene loro richiesto, i nomi degli abbonati “identificati” dalle major stesse tramite l’IP. L’ISP che non dovesse collaborare rischierebbe sanzioni di enorme rilievo. La Corte è andata a monte di tutto questo affermando che non è tollerabile che gli utenti vengano sottoposti ad indagine in questo modo, che cioè i loro computer vengano sottoposti a scansione automatica senza il loro consenso preventivo .
Secondo Christian Solmecke, avvocato che difende centinaia di utenti condivisori presi di mira dalle etichette discografiche, la decisione della Corte rappresenta uno stop decisivo per azioni come quelle condotte dalla svizzera Logistep . L’azienda, ben nota ai lettori di Punto Informatico , è stata citata anche dal Garante italiano in quanto ha messo a punto un software di monitoraggio delle reti del peer-to-peer per individuare file protetti dal diritto d’autore e distribuiti dagli utenti.
La Corte ha dunque stabilito che non sia più possibile chiedere ai provider i nomi associati a certi IP per questioni come quelle relative alla violazione del diritto d’autore. Secondo i massimi giudici federali tedeschi, infatti, questo genere di richiesta può arrivare solo dalle forze di polizia e soltanto in certi casi , nello specifico: indagini volte a garantire la sicurezza del paese, a debellare la minaccia del sovvertimento dell’ordine democratico e a colpire il terrorismo.
A rendere ancora più interessante la decisione è il fatto che non riguarda solo il P2P ma si estende a tutti gli ambiti della data retention . Ciò significa che è legittimo per le forze dell’ordine ottenere i dati delle comunicazioni (email, telefono ecc.) ma che questo può essere fatto esclusivamente per reati gravi . Una decisione accolta con applausi da più parti ma di certo indigesta al Governo, che ha subito reagito spiegando che la sentenza non vieta tout-court l’archiviazione dei dati e che, dunque, la Germania rimane in linea con i dettami della direttiva europea. Per la maggioranza guidata da Angela Merkel è uno smacco che arriva a breve distanza da un’altra decisione della Corte contraria alle scelte del Governo, quella con cui è stato deciso che i trojan di stato innestati nei computer dei criminali siano legali solo in casi eccezionali e non in tutti i casi di indagine giudiziaria.
Il fronte della grande battaglia sul diritto d’autore nell’era digitale certamente non è aperto soltanto in Europa: proprio in queste ore in Australia si fa un gran parlare delle policy di disconnessione degli utenti da parte dei provider. In particolare di quella di Exetel, un operatore già noto ai lettori di Punto Informatico e che non ha mai espresso pregiudizi, anzi , contro il traffico di file via BitTorrent e P2P. Un provider che però applica una policy di avvertimento e disconnessione dell’utente in caso di violazioni.
In particolare, la policy impedisce la navigazione web agli utenti che siano stati indicati dai rappresentanti legali dell’industria dei contenuti. Possono ancora utilizzare l’email ed altri applicativi Internet ma non possono navigare fino a quando non risolvono i propri problemi con le major. Major che sono spesso rappresentate da MIPI , organizzazione antipirateria che da anni sgomita per costringere i provider a fungere da poliziotti in rete. Una tesi fin qui respinta dagli altri provider ma che interessa molto da vicino il Governo australiano, che sta studiando la Dottrina Sarkozy , la strategia messa a punto in Francia per costringere educare gli utenti Internet ad evitare comportamenti considerati illegali dall’industria.