Il provider sarà un nemico da abbattere?

Il provider sarà un nemico da abbattere?

La tesi di un docente dell'Università del Colorado: se gli ISP cedono alla tentazione del monitoraggio a favore dell'industria dei contenuti e dell'advertising, è necessario combatterli come si combattono le intercettazioni
La tesi di un docente dell'Università del Colorado: se gli ISP cedono alla tentazione del monitoraggio a favore dell'industria dei contenuti e dell'advertising, è necessario combatterli come si combattono le intercettazioni

Per le mani degli ISP scorre tutta la vita dei cittadini della rete: possono conoscere personalmente le abitudini di ciascuno sulla base delle attività in cui si intrattiene online, possono ricostruire la rete di relazioni che si ordisce fra gli utenti, possono accudire ciascun netizen, soffocarlo con amorevoli comunicati pubblicitari, imporre delle regole e fare in modo che ciascuno le rispetti. Ma se la morsa del controllo rischia di stringersi attorno al cittadino della rete, esiste una strategia per disinnescarla: la legge.

Ad esprimere preoccupazioni e a proporre la soluzione è Paul Ohm , docente di diritto presso l’Università del Colorado. Nel saggio The Rise and Fall of ISP Invasive Surveillance offre una panoramica delle armi in mano agli ISP, armi che fanno gola a numerosi attori del mercato intenzionati a trasformare il ruolo del provider da inerte intermediario a mercenario da porre al proprio servizio.

Ohm sottolinea come per i provider sia semplice, immediato, automatico accumulare dati relativi ai propri utenti. I provider sono l’interfaccia che mette in relazione i netizen e la rete: tutto passa attraverso i provider, il flusso di dati con cui il netizen comunica passa necessariamente dall’infrastruttura del fornitore di connettività. A prescindere dalle leggi in materia di data retention e di sicurezza , il fornitore di connettività si sta attrezzando per massimizzare le potenzialità di infrastrutture che arrancano , impugnando soluzioni tecniche ormai a portata di mano: Ohm fa esplicito riferimento alla deep packet inspection.

Non si tratta solo di approntare filtri e limitatori per tutelare i propri servizi e evitare il collasso dovuto all’imprevedibile fame di banda degli utenti: è forte la tentazione di cogliere l’occasione per monetizzare queste soluzioni , per fare dell’utile il dilettevole. Le pressioni sono forti: il docente cita il mondo dell’advertising e il fronte compatto dell’industria dei contenuti. Entrambi fanno leva sul ruolo del provider, chiedono ai fornitori di connettività di aprire una finestra di osservazione privilegiata sulla vita dei cittadini della rete.

Se l’industria dei contenuti chiede o pretende collaborazione per vigilare sui comportamenti dei netizen dilapidatori di banda illimitata e per scoraggiarli, l’interesse delle divisioni advertising è altresì lampante: tracciando i singoli netizen, analizzando database di intenzioni e di azioni , è possibile conoscere il consumatore, le sue passioni, le sue debolezze, e tentarlo con pubblicità personalizzata. I provider, in entrambi i casi, agiscono in due movimenti : operano per raccogliere i dati sui comportamenti dei netizen, e operano filtrando connessioni sconvenienti o scoccando per conto degli inserzionisti frecce pubblicitarie che non possono mancare il target. A testimoniare la fruttuosità di questa doppia dinamica, i comportamenti di numerosi ISP che selezionano a proprio favore gli usi che i propri utenti possono fare della rete e il successo che nei mesi scorsi hanno riscosso servizi di behavioral advertising quali Phorm e NebuAd .

Poiché la rete pervade la vita del cittadino, ci si dovrebbe rassegnare ad un concetto annacquato di riservatezza? Ci si dovrebbe nel contempo rassegnare ad una rete in cui i contenuti debbano districarsi fra i filtri e scorrano a diverse velocità? Ohm non è disposto ad abdicare al proprio diritto di vivere in rete con spontaneità : rivendica il diritto a non essere sottoposto a un monitoraggio potenzialmente pervasivo e rivendica il diritto ad esprimersi, sicuro che i propri contenuti non vengano relegati all’invisibilità da una rete dotata di corsie preferenziali. A difesa del cittadino non ci sono semplicemente i pareri delle autorità, quali il recente pronunciamento della FCC in merito all’affaire Comcast e ai setacci sul protocollo torrent: a tutela dei cittadini, almeno per quanto riguarda gli States, c’è la legge , il quadro normativo che protegge le comunicazioni dei cittadini dalle intercettazioni .

È così che il concetto di privacy si fonde ancor più indissolubilmente con il concetto di net neutrality: se il monitoraggio e il filtraggio di quanto avviene online rischiano di intaccare profondamente il comportamento del netizen, di affievolirne la creatività e la spontaneità, così le norme che tutelano la riservatezza degli utenti diventano grimaldello per impedire che la rete assuma la forma di una televisione che trasmette principalmente contenuti industriali, e che scodella pubblicità tagliata su misura di ogni membro del pubblico. Basterebbe un leggero aggiustamento alle disposizioni esistenti, spiega Ohm, basterebbe aggiornare la normativa, basterebbe chiarire le eccezioni secondo cui i fornitori di un servizio di connettività possono monitorare il traffico che scorre attraverso le proprie infrastrutture. Infrastrutture che dovrebbero rimanere stupide e inerti, affinché gli end della rete possano dare sfogo alla propria intelligenza e alla propria creatività senza dover vivere sotto una lente, senza essere materiale di studio per il mercato, senza essere schiacciati dalle discriminazioni.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
9 set 2008
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