Qualche anno fa si sarebbe trattato di una chiacchierata di tutt’altro tono . E invece oggi, a distanza di quattro anni dalla pubblicazione di uno studio sulle possibili violazioni di Linux di un mare di brevetti Microsoft, Punto Informatico ha l’occasione di passare un’ora in compagnia di Hank Janssen , vale a dire il responsabile della programmazione delle attività dell’ Open Source Technology Center di Redmond.
Non che sia la prima volta che la parola open source finisce in una frase in cui compare anche il termine “Microsoft”, ma la circostanza è senz’altro suggestiva. Da parte sua, Janssen mette sul tavolo un curriculum di tutto rispetto: 20 anni al lavoro tra SYS V, Unix e Linux , utente affezionato di Emacs e appassionato di C++. La domanda sorge spontanea: cosa ci fa dentro Microsoft? “Se me lo avessero chiesto qualche anno fa, avrei detto anche io che era impossibile: eppure oggi, dopo due anni e mezzo, posso dire che questo lavoro per Microsoft è il più bello della mia vita”.
Janssen racconta che all’inizio era rimasto indifferente alle sirene di Redmond : “Ho accettato di sostenere un colloquio solo per togliermi di torno i cacciatori di teste” confessa a Punto Informatico , spiegando che la decisione di accettare poi le proposte che gli erano state fatte è stata tutt’altro che semplice. “Tornato a casa mi sono domandato: voglio davvero lavorare per loro? Alla fine ho deciso che forse, accettando, avrei potuto fare la differenza. Mia moglie però – ride – mi ha regalato una serie di gadget di Dart Vader, compresa una spada laser”.
In effetti, per giustificare la sua scelta Jenssen utilizza un modo di dire statunitense (anche se, precisa, lui non è nato negli USA): put your money where your mouth is , vale a dire che se qualcosa non ti piace allora è il caso di impegnarti per cambiarla . “È come se qualcuno – spiega – sostenesse per qualche ragione che le biciclette non devono avere due ma tre ruote: poi arriva qualcun altro che gli offre un lavoro nel quale possa dimostrare la bontà della sua idea”. Insomma, dopo una vita spesa a magnificare le virtù dello sviluppo a sorgenti aperti, se ti chiama uno dei principali sviluppatori di software proprietario vale la pena provare a spendersi.
Inevitabile la domanda: ma sta funzionando, com’è cambiata l’organizzazione di Microsoft da allora? “In una struttura grande come la nostra, che all’esterno – scherza – sembra più organizzata di quanto sia in realtà, la cosa più difficile è passare dal livello zero al livello uno: dal livello uno a un milione è quasi una passeggiata”. Ma allora non è cambiato molto: “Al contrario, il nostro operato si sta rivelando davvero efficace: due anni e mezzo fa eravamo in 4 nel mio team, oggi solo il management è composto da più di 20 persone. Fare una stima di quanti oggi in Microsoft siano al lavoro su applicazioni open source è quasi impossibile”.
E invece potremmo provarci a dare qualche numero : “Uno dei parametri di riferimento che credo sia utile in questo senso – interviene Pier Paolo Boccadamo , responsabile della strategia della piattaforma di Microsoft Italia – è il numero di progetti inseriti all’interno di Codeplex, il nostro repository per lo sviluppo open source: a giugno ce n’erano oltre 5mila, il 95 per cento dei quali è stato ideato da sviluppatori esterni a Microsoft. Spesso, però, alcuni nostri programmatori si impegnano anche nella crescita di questi progetti, oltre al proprio lavoro”.
“Microsoft – continua Boccadamo – è divenuta consapevole dell’importanza della community open source. Noi restiamo un’azienda che sviluppa software, ma questo non significa che ci sia un solo modo per farlo. Soprattutto in un panorama così vasto come quello dell’informatica moderna”. La mente va immediatamente alle novità introdotte dal cloud computing e dai modelli di business che propongono la fornitura di software come un servizio (SaaS): “Ci siamo posti il problema di come sostenere gli investimenti: le possibilità sul piatto sono molte, ma siamo convinti che per garantire innovazione nel futuro sarà necessario collaborare”. La parola torna a Janssen: “Il nostro obiettivo è consentire alle persone di lavorare sulla piattaforma Windows: cerchiamo di rispondere alle domande tecniche, di mettere a disposizione la documentazione necessaria, di chiarire i passaggi poco chiari delle licenze (cita il caso di Visual Studio 2008, ndr). Il nostro lavoro – racconta a Punto Informatico – è quello di trasformare Windows nella migliore piattaforma su piazza: una piattaforma formata da un misto di software open source e proprietario”. Laddove necessario, spiega Janssen, BigM interviene anche donando licenze MSDN per consentire una migliore integrazione del OSS nell’ambiente del sistema operativo a finestre.
Davanti a tutta questa buona volontà, viene spontaneo azzardare una domanda quasi sfacciata: è possibile pensare ad un Windows del futuro a sorgenti aperti ? Le risposte sorprendono: “Quattro anni fa Microsoft non conosceva la parola open source – dice Janssen – oggi sono molti i progetti che tengono conto di questo fattore per il loro sviluppo”. “L’open source non è una fantasia, ma una realtà – incalza Boccadamo – Oggi c’è chi sceglie di farsi pagare per i servizi, noi ci facciamo pagare per le licenze. Se domani il mercato dovesse cambiare, noi cambieremo”.
E se invece il cambiamento fosse stato già avviato? Magari una faccenda complicata come quella dei driver di Vista , che hanno fatto penare (e in certi casi lo fanno ancora) gli utenti finali, con un codice aperto forse si sarebbe potuta risolvere prima. “Il nostro dramma è che – racconta Boccadamo – a volte a Microsoft vengono imputati problemi che non la riguardano direttamente, come nel caso di driver sviluppati da terze parti per Vista. Da parte nostra, ci impegniamo anche per venire a capo di questi problemi contattando l’azienda coinvolta, perché riteniamo di essere responsabili di quanto immettiamo sul mercato: soprattutto se una periferica è stata certificata per l’utilizzo con Windows”.
E sul piano pratico? “Sviluppare un driver per Windows è argomento strettamente pratico – spiega Janssen – Soprattutto Microsoft si deve confrontare con un panorama di possibili device davvero ampio. Linux, che pure ha un sistema di sviluppo dei driver open source, supporta solo una frazione delle periferiche supportate da Windows e ha molti meno utenti. Se Linux dovesse fare fronte ad un parco macchine più ampio, dovrebbe senz’altro rivedere l’approccio allo sviluppo driver”.
“I brevetti – prosegue Boccadamo – sono solo uno dei modi di fare affari. Ma non sono il solo”. Microsoft ammette che forse, in passato , ci sono state delle comunicazioni imperfette sull’argomento , che hanno finito per alzare un muro che ha impedito il riconoscimento reciproco tra chi sviluppa seguendo i principi dell’open source, e chi invece si affida ad un approccio più tradizionale : “Quello che conta, per noi, è valorizzare il nostro lavoro: ci preme il nostro investimento per lo sviluppo del software venga rispettato, ma ci preme anche costruire un ponte tra il software open source e Microsoft”. Per questo, continua, BigM si sta anche impegnando nel migliorare la propria comunicazione in tal senso.
Le conclusioni le tira Janssen: “Giudicateci per quanto abbiamo fatto negli ultimi due anni”, dice. Bisognerebbe insomma tener conto del lavoro di Microsoft per lo sviluppo di un plugin per garantire la lettura del formato ODF in Office (e viceversa , con OOXML in OpenOffice), del contributo a PHP, OpenSQL e Apache , del rilascio dei Power Tools per Vista con licenza open , fino all’ impegno per l’ interoperabilità per il quale oggi esiste persino un centro per i test a Cambridge. Altre novità, promette, sono in arrivo nei prossimi mesi e Microsoft spera che i developers lo tengano presente.
a cura di Luca Annunziata