La decisione di cambiare i requisiti base per ottenere il bollino “Vista Capable”, che doveva certificare l’idoneità dei nuovi PC a montare l’ultima versione del sistema operativo Microsoft, sarebbe avvenuta per via delle pressioni esercitate da Intel ai massimi livelli . A rivelarlo, una serie di missive elettroniche scambiate tra i manager delle due aziende, rese pubbliche dal giudice incaricato di dirimere la class-action sul bollino Vista. Paul Otellini e Steve Ballmer avrebbero discusso della cosa e si sarebbero accordati per un compromesso tra le rispettive esigenze .
Secondo gli ultimi documenti messi a disposizione dall’accusa nel caso che vede un gruppo di consumatori contrapposto a Microsoft e a una serie di produttori e assemblatori di hardware, la decisione di BigM di anticipare la campagna promozionale per Vista con delle specifiche ritenute troppo esigenti da parte del suo partner storico Intel, avrebbe creato non pochi problemi all’azienda di Santa Clara. Secondo le specifiche iniziali – in seguito ripristinate, ma solo dopo il rilascio di Vista – i chipset della serie 915 con grafica integrata non avrebbero potuto entrare a far parte di computer certificati per funzionare con Vista: un danno potenziale da “miliardi di dollari” per le casse del chipmaker.
Tutto ruota attorno alla nuova architettura driver ( Windows Device Driver Model , WDDM ) introdotta con Windows 6: per il chipset 915 non ci sarebbe mai potuta essere una certificazione in tal senso, mancando di alcune caratteristiche tecniche giudicate necessarie per una corretta fruizione della nuova interfaccia Aero (Glass) di Vista. Ma, con l’annuncio dei requisiti minimi alle porte e i magazzini pieni del chipset sbagliato, per Intel la faccenda rischiava di trasformarsi in una Caporetto : “La data del primo aprile (2006, ndr) – scrive Reenee James (Intel) a Will Poole (Microsoft) – comporta un cambiamento significativo nella nostra capacità di soddisfare la domanda di componenti Vista-ready”.
Questa scelta avrebbe potuto causare “perdite significative” negli affari di BigI: “Sebbene non voglia discutere di volumi e introiti via email, visto che è materia dei nostri affari, non riusciamo a comprendere le motivazioni di Microsoft di cambiare una data decisa di comune accordo in precedenza”. In una email successiva, lo stesso James specifica come per Intel la semplice argomentazione di una “potenziale responsabilità” in una causa intentata dai consumatori non sarebbe bastata da sola a giustificare la posizione di Microsoft.
La richiesta di Intel, in ogni caso, si riferiva alla data in cui iniziare le comunicazioni alla clientela sui requisiti minimi di Vista: l’1 giugno, come da accordi, sosteneva Intel, sarebbe stata la scelta giusta. Al contrario, Microsoft avrebbe deciso di optare per mantenere la data anticipata dell’1 aprile e di tagliare i requisiti minimi di Vista: con il risultato di marchiare come capable una serie di PC che in effetti non erano in grado di garantire tutti i benefici del nuovo sistema operativo.
In un’altra missiva, James lascia intendere che lo stesso CEO di Intel Paul Otellini abbia telefonato personalmente al suo omologo di Microsoft – Steve Ballmer – per perorare la causa: e che il cambio di specifiche abbia soddisfatto in ogni caso Intel, tanto da convincere ancora Otellini a inviare una nota di ringraziamento a Ballmer per aver accolto le sue tesi. La faccenda sembra invece non aver soddisfatto Jim Allchin, all’epoca a capo della “divisione Windows” di BigM, tanto da spingerlo a chiedere una riunione “al più presto possibile” per discutere la faccenda.
I marchi coinvolti a vario titolo nella vicenda, come Sony, Dell e HP, avrebbero mostrato reazioni differenti alla notizia: cauta soddisfazione per la prima, sconcerto per la seconda, irritazione per l’ultima. Ma sono senz’altro le parole di Jim Allchin , descritto come “molto più che rattristato” per la decisione, a pesare più di tutto il resto: “Ritengo che ci accingiamo a ingannare i clienti con il programma Capable “. Allchin avrebbe lasciato Microsoft alla fine di gennaio 2007, subito dopo il rilascio ufficiale di Windows Vista.
I documenti fin qui pubblicati sembrerebbero appesantire la posizione di Microsoft e di Intel nella vicenda, arrivando a coinvolgere persino i massimi dirigenti delle due aziende in una vicenda che rischia di compromettere ulteriormente l’ immagine di Windows Vista agli occhi dei consumatori. Si tratta in ogni caso della versione dei fatti proposta dall’accusa , alla quale è lecito attendersi a breve una risposta da parte della difesa: da subito Microsoft ha chiarito attraverso un suo portavoce che quanto mostrato farebbe parte del “normale scambio dialettico su una decisione interna presa nel gennaio 2006”.
Per l’accusa insomma la partita sarebbe chiusa, la difesa non la vede così. A questo punto, tuttavia, la richiesta degli attori della class-action di convocare in aula il CEO di Microsoft potrebbe apparire meno peregrina che in passato. Una sentenza sul caso è attesa entro la primavera del prossimo anno.
Luca Annunziata