Allietare la permanenza degli avventori di un esercizio commerciale, ritmare il fluire dei clienti con musica ad hoc, riempire attese e sale d’attesa con brani musicali: gli esercizi commerciali non possono limitarsi ad allestire l’impianto e diffondere musica. Devono ricompensare gli artisti e i detentori dei diritti. In passato l’unica via da battere era quella di transitare per le società di intermediazione, SIAE e SCF, che collezionano ciò che spetta ai detentori dei diritti e provvedono alla redistribuzione dei compensi. Ma le soluzioni alternative si stanno facendo largo.
Negozi e parrocchie , grandi librerie : sfuggire alla corresponsione dei compensi a favore dei detentori dei diritti d’autore e dei diritti connessi può costare denunce . È così che SIAE e SCF propongono licenze ad hoc: gli esercenti si rivolgono alle collecting society per garantirsi il diritto di riempire i locali di musica, le collecting society racimolano i compensi e si occupano di redistribuirli.
Ma non tutti i detentori dei diritti si avvalgono dell’opera di mediazione delle collecting society e non tutti gli esercenti potrebbero voler approfittare delle licenze proposte da SIAE e SCF e della musica dei loro associati . Negli anni scorsi ci ha provato la gelateria romana Fiordiluna: l’idea era quella di trasmettere solo musica rilasciata sotto licenze libere, di corrispondere quindi direttamente ai detentori dei diritti quanto stipulato per lo sfruttamento commerciale delle opere. Il fatto di non fruire di brani di artisti registrati SIAE, il cui mandato prevede la gestione in toto dei diritti dell’autore ed esclude quindi la possibilità di rilasciare opere con licenze libere, non avrebbe messo al riparo la gelateria dalle ispezioni della società di gestione dei diritti . Per questo motivo si è reso necessario un processo di negoziazione con SIAE, condotto da Ermanno Pandoli dello sportello Liberius : data l’entità minima delle cifre messe in movimento dalla diffusione della musica d’ambiente nella gelateria, racconta Pandoli a Punto Informatico , si è ottenuto nel luglio 2006 che l’Ufficio Multimedialità della SIAE rilasciasse un documento da brandire di fronte agli ispettori SIAE per dimostrare che la gelateria non avrebbe dovuto corrispondere alcunché alla collecting society, poiché la musica diffusa, rilasciata sotto licenze copyleft, non appartiene al repertorio gestito dall’ente di gestione dei diritti. “La SIAE – spiega infatti Pandoli – ha dichiarato che nulla osta all’esecuzione di musica non tutelata dai suoi repertori, a patto che negli archivi non siano presenti autori associati SIAE o di autori tutelati da società di gestione collettiva dei diritti consorelle, in base ai rapporti di reciprocità”.
Sono sempre più numerose, però, le soluzioni alternative: esiste ad esempio FiloZero , un servizio che mette a disposizione musica libera, assicura agli artisti visibilità e risparmi per gli esercenti; Jamendo , calderone di musica rilasciata sotto CC, offre un servizio di sonorizzazione dei locali sganciato dalle logiche dell’intermediazione delle società di gestione dei diritti.
Nello stesso contesto opera Beatpick , netlabel fondata nel 2006 che opera con artisti che rilasciano musica sotto licenze Creative Commons, specializzata nella gestione di musica per progetti multimediali, commerciali e non commerciali: sono più di 300 gli esercizi italiani innervati dalla musica degli artisti di Beatpick , 200 i punti vendita svedesi.
Si tratta di operazioni, promettono coloro che le orchestrano, che garantiscono più guadagni agli artisti , ricompensati senza la mediazione delle società di gestione dei diritti, e che nel contempo permettono agli esercenti di spendere meno per ottenere servizi già confezionati su misura . Beatpick, spiega a Punto Informatico il CEO Davide D’Atri , assicura agli esercenti un risparmio di circa il 50 per cento rispetto ai meccanismi tradizionali. D’Atri cita l’esempio di una catena di 128 supermercati: rivolgendosi a SIAE la società pagherebbe un abbonamento annuale pari a 350mila euro, Beatpick offre un servizio analogo per 150mila euro. Le spartizioni? SIAE distribuisce i compensi non sulla base della musica effettivamente suonata, ma sulla base di criteri statistici che non sempre sanno premiare gli artisti effettivamente trasmessi. Al contrario Beatpick, che fornisce agli esercenti playlist e hardware e ricava dalla vendita del servizio un margine del 25-30 per cento, distribuisce in maniera proporzionata agli artisti il 30 per cento di quanto incassato, con l’obiettivo di dividere presto esattamente a metà. “Le spese – racconta D’Atri – sono sostanziose, almeno per l’inizio: soprattutto per l’hardware, per il costoso lavoro commerciale, che comprende il business porta a porta, fatto di lunghe chiacchierate con gli Amministratori Delegati delle grandi catene”. “La musica non basta” spiega a Punto Infomatico il CEO di Beatpick. Fra i servizi che è necessario garantire agli esercenti, oltre all’hardware e alla musica, oltre alle playlist e alle personalizzazioni, c’è anche l’ assistenza legale . “Gli AD non si muovono perché spesso non si fidano e non capiscono: risparmiare piace a tutti, ma ricevere le visite degli ispettori spaventa e crea complicazioni, nonostante tutto sia perfettamente in regola”. A questo proposito, per rassicurare i clienti e per fare in modo che tutto proceda senza intoppi, Beatpick collabora con lo studio legale DDA, che supporta l’intera rete di rapporti e di relazioni fra gli esercenti e le istituzioni. È l’avvocato Deborah De Angelis a raccontare a Punto Informatico che gli interventi sono stati necessari “per circa il 60 per cento dei negozi che usufruiscono del servizio (a mezzo email, fax, lettera raccomandata e telefono)”.
L’operato dei legali si dipana lungo tutte le fasi della prestazione del servizio : in primo luogo, racconta il CEO della net label, è necessario informare SIAE del fatto che l’esercente inizierà a pagare Beatpick, invece che la collecting society, fornendo contestualmente e a mo’ di rassicurazione l’elenco dei brani, a dimostrazione del fatto non siano compresi nel suo repertorio. Spesso, spiega inoltre De Angelis, è necessario negoziare la disdetta dei contratti di licenza con SIAE e SCF per conto dei punti vendita che desiderino abbandonare i precedenti abbonamenti per fruire di Beatpick. “Spesso – chiosa De Angelis – ci sono problematiche connesse alla scadenza contrattuale, al quantum residuo dovuto e ai rapporti tra il fornitore del servizio di diffusione, il fornitore di contenuti, l’utilizzatore e la SIAE”. Accade poi, racconta D’Atri, che il manager dell’esercizio chiami Beatpick allarmato: gli ispettori territoriali delle società di raccolta dei diritti si rivolgono comunque all’esercizio per effettuare controlli e verifiche . In questo caso sarà necessario intervenire con tempestività sfidando burocrazie ampollose e complesse stratificazioni di competenze: “c’è bisogno di intervenire direttamente nei confronti degli uffici territoriali che sono quelli che materialmente effettuano le ispezioni – illustra De Angelis – Nel corso dell’ultimo anno siamo dovuti intervenire nei confronti dei singoli uffici territoriali diverse volte, al fine di aiutare la celerità e la prontezza nella comunicazione tra la sede generale e l’ufficio territoriale”.
“Non ci sono procedure per relazionarsi con SIAE che siano snelle e lineari – ha confermato Pandoli a Punto Informatico – ma è un continuo confrontarsi e verificare l’appartenenza o meno degli autori del repertorio Beatpick al repertorio tutelato da SIAE”. Tutto si svolge nel pieno rispetto della legge ma, forse per la rottura rispetto alle abitudini rappresentata da questi tipi di servizio, le peripezie non mancano. Il fatto che SIAE detenga il monopolio sulla raccolta dei proventi da distribuire agli autori e il fatto che il mandato SIAE , salvo alcune eccezioni , sia esclusivo, ha fatto sì che molti autori aderissero a questo tipo di meccanismo, alimentando così la sensazione che tutta la musica faccia parte del repertorio SIAE. Ma il quadro è in continua evoluzione: sono sempre di più gli artisti che scelgono di rilasciare le proprie opere con delle licenze che permettano loro di non riservarsi tutti i diritti. E non si tratta più di soli artisti giovani che si accontentano di vivere delle proprie passioni: “ci sono dei professionisti che campano con la musica rilasciata con licenze libere – assicura il CEO di Beatpick – la metà degli autori che si appoggiano a Beatpick possono contare su entrate che raggiungono i 25mila euro l’anno”. Non vivono di solo Beatpick ma di altre attività che orbitano intorno alla loro musica, spiega D’Atri, fermamente convinto del fatto che la flessibilità delle licenze libere possa agevolare il fiorire di attività che all’artista fruttano del denaro.
Ma coloro che rilasciano le proprie opere con delle licenze libere non possono avvalersi della tutela SIAE: è qui che il meccanismo tradizionale si inceppa. Differente è la situazione ad esempio negli Stati Uniti: ASCAP, collecting society locale, non intrattiene con gli autori un rapporto di mandato esclusivo. “Si permette all’autore – spiega l’avvocato De Angelis – di licenziare autonomamente, in concorrenza con la stessa ASCAP, e negoziare la concessione dei diritti”. È per questo che nel vivaio di Beatpick l’80 per cento degli artisti è registrato alla collecting società statunitense: il mandato è compatibile con le licenze libere, il detentore dei diritti può scegliere di volta in volta se incaricare ASCAP del collezionamento delle royalty o se provvedere con altre soluzioni: “in questi casi – chiarisce De Angelis – per una maggiore chiarezza e fluidità nei rapporti internazionali tra e società di gestione collettiva l’autore dovrebbe comunicare ad ASCAP che un esemplare dell’opera è stato licenziato autonomamente dall’autore all’utilizzatore attraverso il sistema delle licenze CC”.
SIAE non prevede invece questo tipo di flessibilità: “Beatpick – spiega D’Atri a Punto Informatico – si mette in concorrenza con SIAE, e l’artista sceglie di stare con chi si trova meglio”. Ma non può effettuare questa scelta opera per opera, utilizzazione per utilizzazione. Si tratta di una limitazione che, a parere del CEO di Beatpick, influisce negativamente sul mercato: depotenzia la spinta innovativa che una competizione più libera e declinata in un numero maggiore di ambiti potrebbe infondere alle dinamiche di un mercato in continua evoluzione.
a cura di Gaia Bottà