In Turchia è stato avviato tra le polemiche l’iter legislativo della normativa che, in nome della privacy e dei diritti personali, vuole mettere in mano del Governo strumenti di censura sulla Rete .
La nuova normativa fortemente voluta dal partito del Presidente Erdogan, infatti, contiene alcuni articoli molto pericolosi: oltre a delle prescrizioni in materia di data retention che obbligano Internet service provider e locali che offrono connessioni wifi a conservare per mesi le informazioni personali relative ai loro utenti, dà diverse possibilità alle autorità di chiedere la rimozione di contenuti online ritenuti contrari alla legge.
Già a giugno il ministro degli Interni Muammer Güler aveva annunciato uno studio volto alla preparazione di una bozza legislativa contro la proliferazione incontrollata di contenuti sulle principali piattaforme social e già allora gli osservatori internazionali avevano tremato pensando ad una legge anti-social capace di agire come strumento di censura online.
D’altra parte il premier Recep Tayyip Erdogan aveva definito i social media, dove si era manifestata forte la protesta nei suoi confronti, “la peggiore minaccia alla società”.
La situazione si è aggravata in concomitanza con un episodio di cronaca politica: quando un’intercettazione resa pubblica dall’opposizione ha portato alla luce le pressioni del partito di governo su alcuni imprenditori per prendere il controllo di alcuni giornali e televisioni, l’autorità che ha il potere di controllare i contenuti condivisi su internet, TİB, ha agito per rimuovere da siti e giornali online la notizia e e le intercettazioni . Un antipasto di quello che accadrà con la nuova legge.
D’altronde, che Ankara stesse stringendo il controllo sulla Rete era già evidente dai dati relativi alle richieste di take down ricevuti da Google: Mountain View ha registrato un significativo aumento delle richieste di rimozione da parte proprio della Turchia, da cui sono arrivate 1.673 richieste di rimozione, due terzi circa delle quali relative a supposte violazioni della legge 5651 sulla regolamentazione di Internet.
Insomma c’erano tutti gli indizi per accorgersi che sulla Turchia si stessero addensando nuvole di censura. Ora, difatti, non mancano le polemiche sia interne che estere: mentre nel Paese l’opposizione e le associazioni di categoria come quella dei giornalisti stanno chiedendo al Presidente Abdullah Gül di porre il veto sulla legge, l’Europa guarda con non poca preoccupazione alla situazione.
A parlare è stato, in particolare, il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz che, affiancandosi a coloro che in seno all’UE chiedono trasparenza, proprio su Twitter, ha definito la legge “un passo indietro in un ambiente già soffocante per la libertà dei media”.
Claudio Tamburrino