Era il giugno del 2013 quando, a pochi giorni di distanza dallo squarcio aperto sulle attività dell’intelligence USA dalle prime rivelazioni del Datagate, le autorità statunitensi accusavano Edward Snowden di essersi appropriato di informazioni riservate appartenenti al governo e di averle diffuse senza autorizzazione, sulla base dell’Espionage Act del 1917, che per questi reati prevede fino a 30 anni di carcere.
167.955 persone si erano rivolte all’amministrazione Obama: “Edward Snowden è un eroe nazionale – questo il testo della petizione a cui avevano aderito – e dovrebbe essere immediatamente disposto un pieno atto di grazia per qualsiasi reato abbia commesso o possa aver commesso nel richiamare l’attenzione sui programmi segreti della NSA”. A oltre due anni dall’avvio della petizione, le autorità hanno offerto la loro risposta , affidata a Lisa Monaco, consigliere del Presidente Obama per la Sicurezza Nazionale e l’Antiterrorismo: nessuna grazia per Edward Snowden.
“La pericolosa decisione del signor Snowden di trafugare e rendere pubbliche delle informazioni riservate ha avuto conseguenze gravi per il nostro paese e per le persone che ogni giorno lavorano per proteggerlo”, afferma Monaco. E Snowden resta “un uomo in fuga dalle conseguenze delle proprie azioni”, un uomo a cui peraltro resta revocato il passaporto.
Monaco accenna alla riforma dell’intelligence dello USA Freedom Act, capace di “bilanciare la protezione delle libertà civili con la possibilità per i professionisti della sicurezza nazionale di assicurarsi l’accesso a informazioni vitali per proteggere i cittadini americani”. La presenta a dimostrazione dell’indefesso impegno dell’amministrazione Obama a favore di un più equilibrato rapporto tra diritto alla privacy e diritto alla sicurezza, ma omette di ricordare che nel mese di maggio le attività dell’intelligence denunciate da Snowden sono state decretate illegali dalla giustizia statunitense, e che solo per questo motivo, al decadere del Patriot Act, è stato necessario riformulare la legge per ridimensionare i poteri della NSA.
Snowden, secondo Monaco, “avrebbe dovuto impegnarsi in un concreto atto di protesta” percorrendo i canali legali, confrontandosi con il governo. Poco importa che, in un contesto diviso tra parole a supporto dei whistleblower e iniziative volte a reprimerli, l’ex contractor dell’intelligence, come riferiva di fronte al Parlamento Europeo, abbia tentato per ben dieci volte di segnalare il problema alle autorità prima di rivolgersi ai giornalisti.
Gaia Bottà